Svizzera vicina e civile, Italia lontana e cafona

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castronibanner728x90Svizzera sempre più lontana. A noi Italiani gli Svizzeri sono antipatici. Chi non ha mai visto quel paese e nulla conosce della sua storia, li qualifica come fabbricanti di orologi e di cioccolatini, con la spocchia di chi si vanta di apparte­nere alla civiltà di Dante, di Leonardo e di Michelangelo, ma senza saper tenere in mano una penna e, tanto meno, un compasso o un pennello. Viviamo di sacre memorie, di ruderi dati in pasto a orde di turisti ignoranti che quando vedono il Colosseo si chiedono quanto sarà costato e davanti alle sculture del Canova, nutrendosi esclusi­vamente di arte mimetica, non sanno fare altri commenti se non: “Sembra viva… altro che gli scarabocchi degli astrattisti, quelli po­trei farli anch’io”. I più acculturati si scagliano invece contro lo stra­potere e l’immoralità delle loro banche, che hanno fatto proprio il motto di Vespasiano: “Pecunia non olet” o ricordano le stragi perpe­trate dai reggimenti svizzeri nell’Italia preunitaria. In realtà parliamo di uno stato indipendente da sette secoli, da quando quei montanari bellicosi riuscirono ad affrancarsi dal dominio imperiale e l’Italia era soltanto un’espressione geografica.

lausanneCol tempo i suoi confini si sono allargati, fino a costituire quello che oggi è il più bel modello di stato confederale, dove si esercita larga­mente, attraverso l’istituto del referendum (cantonale e nazionale), la democrazia diretta e dove convivono ordinatamente popoli di cul­tura, di religione e di lingua differenti… e fra essi molti stranieri per­fettamente integrati e tutelati nella loro dignità e nei loro diritti, a pat­to che si comportino correttamente. In Svizzera regna il senso civi­co e il rispetto per le istituzioni e per i propri concittadini, le leggi sono severe, ma giuste, e vengono applicate con sollecitudine. Ogni maschio adulto, che parli francese, tedesco, italiano o ladino, è un servitore della stessa patria, un uomo in armi pronto a difen­derla in ogni momento, mentre noi abbiamo rinunciato alla coscri­zione obbligatoria per creare un esercito di professionisti. Passeggiare per le strade, per le piazze, per i grandi spazi verdi di quel magnifico paese, a qualunque ora del giorno e della notte, ti dà quella piacevole sensazione di ordine e di tranquillità che noi abbia­mo perduto. Le loro scuole, i loro ospedali, i loro musei ci fanno ver­gognare. Le periferie delle loro città sono belle, umane e non squal­lide, disumane e criminogene come le nostre, concepite nel dopoguerra da politici e urbanisti criminali. Ma cosa aspettiamo a chiamare monsieur Betschart?

di Federico Bernardini

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