Intervista esclusiva a Vittorio Storaro

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Intervista in esclusiva. I successi di Vittorio Storaro, non sono giunti per caso. Nella sua casa romana,, il maestro racconta di avere avuto la fortuna che suo padre, proiezionista di una grande casa cinematografica, sognando di far parte delle immagini che proiettava, gli trasferì, questa passione. L’ereditare quel sogno, lo studio, e le emozioni della fotografia e cinematografia, lo hanno accompagnato per tutta la vita. Gli studi accademici lo hanno portato ad essere un bravo tec­nico, ma solo lo studio approfondito della cultura classica gli ha consentito di accelerare la sua carriera passando da semplice operatore di macchina, ad autore della “fotografia”. Tutto ebbe inizio in una chiesa, quando fu folgorato dal #Caravaggio. Fu proprio l’aspetto rivoluzionario dell’artista lombardo a fargli comprendere che ol­tre alla tecnica occorreva ben assi­milare ogni forma d’arte. Da allo­ra non ha più smesso di es­sere un eterno studente: assiduo frequentatore di mostre, insaziabile lettore, si è abbeverato ad ogni fonte possibile, pur di acqui­sire i significati della visione, e svilupparli nel cinema. Il folgorante incontro con #Bertolucci ha portato, negli anni, ad intrecciare i loro stili, utilizzando luce ed ombra come conscio e subconscio. L’Ultimo Imperatore, e Ultimo Tango a Parigi rappresentano la fase italiana della sua crescita professionale. Francis Ford Coppola, dopo aver visto Il Conformista, lo volle per Apocalypse Now perché ritenne indispensabile l’apporto culturale italiano per completare un film così intro­spettivo pur se un colossal. Attraverso questo sodalizio arrivò l’incon­tro con Warren Beatty, con cui fuse la natura artigianale del cinema italiano con quella industriale americana. Due anni più tardi giunse il secondo Oscar proprio con Reds, e quello fu soltanto il prologo al ritorno, ancora con Bertolucci, ed un altro Oscar, il terzo, con L’ultimo Imperatore.

Al centro Vittorio Storaro, a sinistra, il figlio, Giovanni, e a destra Claudio Castana
Al centro Vittorio Storaro, a sinistra, il figlio, Giovanni, e a destra Claudio Castana
Maestro, cosa significa per Lei “fotografia”?

Organizzando con la scrittura le ideazioni dei miei film mi resi conto di non essere uno scrittore di parole ma di immagini: esse, scattate durante i film, divennero l’espressione del vocabolo cinemato­grafia e io sentii di essere un “cinematographer”: ho bisogno di più immagini insieme con le quali arrivo a creare un dialogo, semplicemente sovrapponendole.

Lei ha coniato la definizione “la forza del linguaggio della luce; cosa intende?

La luce ha il potere di esprimersi attraverso le sue intrinseche potenzialità di luce ed ombra, gene­rando emozioni, come diceva Leonardo, che io applico ai campi del cinema, della fotografia e dell’illuminazione.

Lei ha recentemente illuminato i Fori Imperiali, ci può illustrare il progetto?

Ho realizzato il progetto insieme a mia figlia Francesca, architetto e lighting designer e ho potuto avvalermi delle potenzialità della luce anche in campo architettonico. Grazie ai progetti ideati con mia figlia, abbiamo già illuminato la città di Locarno e il quartiere Coppedè di Roma e la nostra ultima fatica è stata il sogno di illuminare i reperti del parco archeologico dei Fori Imperia­li. Tramite la letteratura della luce siamo riusciti a raccontare la storia di Augusto, di Nerva e di Tra­iano, regalando un’emozione unica a quarantamila spettatori.

Ha appena finito di girare il film sulla gioventù di Maometto. Che emozioni ha vissuto?

Tutto partì dalla mia lettura di un piccolo libro sulla storia di Maometto giovane. Come in una visio­ne il mio interesse per questo personaggio è diventato un film che verrà presentato il 27 agosto al Festival di Montreux e che servirà a far conoscere al mondo occidentale la vera vita di Maometto e l’inizio dell’Islam, mostrandoli ben diversi dalle atrocità dell’Isis. Quest’esperienza mi ha convinto sempre di più che la spiritualità è unica e non può essere diversa a seconda della parte di mondo in cui viene venerata.

Può spiegarci cos’è la “Storaro Collection”?

E’ un progetto che aveva lo scopo di ricercare le radici della nostra cultura classica e si basa sulla realizzazione, durata cinque anni, di immagini fotografiche realizzate cinematograficamente in dop­pia esposizione, che raccontano due collezioni di opere, la prima sui resti della Civiltà romana e la seconda fatta di opere tratte dai miei sessanta film.

di Claudio Castana

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