Lectio magistralis Scrivere la luce

20160310_103551Il più volte premio Oscar Vittorio Storaro ha di recente incontrato i giovani che frequentano il laboratorio Scuola Romana di Fotografia e Cinema tenendo una affascinante e stimolante lectio magistralis dal titolo: Scrivere la luce.

La Scuola Romana di Fotografia e Cinema è un punto di riferimento culturale che si è venuto via via affermando, in questo ultimo quindicennio, come significativo elemento promotore della vita artistica nella Capitale. Nasce dal sogno e dal progetto di un artista che fin dagli anni Settanta ha animato la cultura romana: il pittore e fotografo Angelo Caligaris. Nel 1992 fu lui ad avviare, insieme a Duccio Trombadori, l’esperimento di una struttura didattica in grado di formare fotografi professionisti addestrati ai diversi segreti e alle complesse tecniche dell’espressione. Laboratorio fotografico, processi di comunicazione visiva, ricerche di composizione in studio e di ripresa dal vero, sperimentazione di nuove tecnologie, sono tutte parti di un insegnamento nel quale fotografia ed arte partecipano di una comune esperienza estetica. Questo, in breve, è il resoconto di una storia recente. Ma è importante notare che l’idea di una “Scuola Romana”, legata alla teoria e alla pratica della fotografia, ha radici più profonde. Già nel 1847 una cerchia di fotografi internazionali, attenti alle più recenti novità della tecnica fotografica, si riuniva al Caffè Greco per riflettere insieme e pianificare la loro attività concentrandola sull’architettura e il paesaggio urbano della Roma di Pio IX. I nuovi negativi su carta e i riferimenti all’immaginario pittorico romantico univano il gruppo in un lavoro entusiasta e metodico. Accanto ai francesi Flachéron, Normand e Constant, del movimento – di cui si sono occupate alcune grandi mostre parigine [1] – facevano parte Giacomo Caneva e il britannico James Anderson, rivale degli Alinari nel fissare l’immaginario urbano nella forma-cartolina valida ancora oggi. Il nome della “Scuola Romana” risale a un passato così nobile e sperimentale, insieme romano e cosmopolita. E ci piace anche riconoscere che nel suo albero genealogico fa parte anche quella “Scuola Romana” emersa come voce originale nella pittura degli anni ’30. Così nella sua ambizione culturale scorre la linfa della radice progressista di grandi artisti che furono più che mai attenti ai problemi più urgenti e vitali dell’uomo, senza piegarsi alla retorica magniloquente, ai rozzi e altisonanti linguaggi del potere, alla vuota e ampollosa maniera ufficiale. D’altra parte è giusto sottolineare l’altra componente essenziale; quella della ricerca fotografica, appassionata e socievole, che a stento si accontenta di ciò che è stato già detto, fatto, visto e sentito. Eredi di tendenze che nascono dal territorio ma per vocazione parlano linguaggi universali. L’arte e la fotografia fanno facilmente accademia, a meno che non si crei un nucleo di pensiero e di azione che promuova la libertà della ricerca senza rinunciare alla disciplina del mestiere.

di Claudio Castana

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