Più “sòle” che sole per l’Italia in “rendita di posizione” nella UE

E’ illusoria la crescita della nostra economia in virtù della “rendita di posizione” in Europa mentre aumenta l’ indebitamento dello Stato con elargizioni senza costrutto.

di Alberto Zei

Una realtà illusoria – In vista delle prossime consultazioni elettorali, la previsione del Pil in quest’ anno, secondo quanto viene assicurato dalle fonti ufficiali, dovrebbe superare l’1%. Ma il punto non è tanto questo, quanto il fatto che l’Italia è l’ultimo dei Paesi dell’eurozona, dove la media di crescita si attesta intorno ai 2,2 punti percentuali. L’Italia infatti, è ben dietro a quei Paesi della Unione Europea che hanno dovuto affrontare al loro interno dei sacrifici molto più penalizzanti di quanto l’Italia abbia fatto.

Tuttavia, se questo è il periodo migliore della nostra crescita, a prescindere dai maggiori meriti degli altri membri della UE per come sono riusciti a superare le condizioni del nostro Paese, l’Italia avrebbe dovuto almeno avvalersi della condizione positiva in cui l’Europa si trova per migliorare i conti pubblici. D’altra parte l’Italia ha un debito pubblico che ha raggiunto il 132% e anche per quest’anno, non si prevede alcun miglioramento. Ciò avviene per una serie di motivi, ma anche per lo stillicidio di risorse economiche a carattere meramente politico, per accattivare un numero quanto più grande possibile dell’opinione pubblica attraverso elargizioni, riconoscimenti economici, incentivi all’acquisto e così via dicendo, mentre il debito pubblico dopo quello della Grecia è il più alto della Unione Europea.

 

Diversa è l’opinione del governo circa la ripresa attualmente in corso nel nostro Paese; ma quando anche da parte europea, per esortare l’Italia al maggiore contenimento delle spese, si auspica la necessità di ridurre il debito pubblico in questo momento favorevole, la risposta non dovrebbe essere quella dello sdegno altezzoso per la indebita ingerenza europea.

L’ insofferenza sul controllo di bilancio di previsione
D’altra parte, i problemi finanziari di un Paese della Comunità divengono immancabilmente problemi della Unione intera se questo Stato trascura ciò che dovrebbe invece, rappresentare per lo stesso, il dovere di porvi rimedio.
D’altra parte, finché ci avvaliamo della moneta comune, è inevitabile che gli Stati membri si preoccupino di fronte alla nostra posizione. Attualmente come mai prima, abbiamo tassi di interessi ridotti al minimo; una espansione economica sostanzialmente prolungata da parte della Unione Europea che dovrebbe essere una condizione particolarmente favorevole per un Paese come l’Italia che si dimostra tuttavia, di non essere pronto per fare altrettanto.

Non c’è bisogno di intervenire con rimedi draconiani. Basterebbe utilizzare l’attuale periodo di ripresa per migliorare la nostra posizione e abbassare soprattutto il debito pubblico. Ciò nonostante, questa opportunità non viene utilizzata per ridurre il debito; anzi, sta avvenendo il contrario. Il governo infatti, attinge continuamente dalle casse dello Stato, ovvero, dalle tasche dei contribuenti, ora per una ragione ritenuta giusta, ora per altre ancora più giuste, ora per motivazioni che non possono essere rifiutate; si tratta però di impegni erariali che non vanno verso la riduzione dell’indebitamento pubblico, ma a sostegno della tipica improduttività che accompagna il denaro, quando i beneficiari lo considerano trovato, anziché sudato.

Le condizioni favorevoli cambieranno – Quando in un tempo non certo lontano, il tasso d’interesse aumenterà così come aumenterà il prezzo dell’energia di cui l’Italia è eternamente carente, allora sarà chiaro di quanto incida l’indebitamento energetico sulla bilancia dei pagamenti con l’estero e sugli interessi che verranno applicati alle nostre esposizioni economiche. Attualmente i tassi sono bassissimi per il costo del denaro. Quando si dovrebbe profittare allora, per ridurre il debito strutturale del nostro Paese?

Aggiungiamo che storicamente i prezzi dell’energia in questo ultimo periodo, si sono mantenuti tra i più bassi da cinquant’anni a questa parte e che tale condizione è particolarmente conveniente per un Paese notoriamente privo di fonti energetiche proprie come l’Italia. Per tali ragioni avrebbe dovuto profittare per almeno ridurre lo stato di sudditanza energetica di cui ha finora sofferto, per diminuire il debito pubblico strutturale. Ciò non già con interventi eccezionali e castiganti per i cittadini e per i contribuenti con aumento di tasse, ma con la volontà e la costanza di porre rimedio ad una situazione che è economicamente conveniente e probabilmente irripetibile. Ma il governo del momento mira soltanto al riconoscimento della visualità dei propri interventi, secondo l’attesa sociale del “cotto e mangiato”.

Poco importa per lo stesso se la compagine governativa successiva si troverà in difficoltà a causa del continuo indebitamento senza costrutto, in quanto spetterà alla nuova, affrontare i problemi futuri.

La realtà politica attualeQualcuno potrebbe ritenere però, che nel caso di permanenza politica dell’attuale compagine governativa, questa lascerà a sé stessa ciò che ha seminato. Ciò è vero, ma di fronte alla prospettiva di riconquistare ancora una volta con questi escamotage il potere alle prossime consultazioni elettorali, sarà sempre meglio che ridursi al rango di opposizione. Con ulteriori indebitamenti e con qualche chiacchiera in più, ammesso che Renzi prima e Gentiloni adesso, di chiacchiere ne abbiano fatte poche, la sopravvivenza politica sarebbe assicurata.
Il problema invece, sarà quello dei contribuenti, perché il rimedio utilizzato per la raccolta di consenso politico per mantenere il potere, continuerà ad essere quello dell’elargizioni, delle agevolazioni, delle facilitazioni, delle sovvenzioni alle persone, ai ragazzi, ai giovani che studiano a quelli che non studiano e non lavorano, a coloro che non hanno mai lavorato, alle famiglie, ai nascituri, a coloro che sono già nati e magari anche qualche supporto economico per il funerale alla famiglia di coloro che ci lasciano, per non parlare delle sovvenzioni agli immigrati e a tutti gli Enti pubblici o privati per le attività a supporto della immigrazione nel nostro Paese. Tutto questo per convincere la massa di quanto convenga mantenere lo status quo di un governo così generoso, mentre il debito pubblico sale alle stelle e l’Italia scende alle stalle.

Neppure adesso – In queste condizioni, anziché profittare per ridurre l’indebitamento, l’attuale governo supera addirittura il limite del massimo disavanzo imposto dall’Europa, ritenendo forse di ammansire una parte dell’elettorato con elargizioni senza costrutto senza cioè, raccogliere alcun beneficio economico per la società che da queste sovvenzioni possa derivare. Non è questo che gli italiani si aspettano, quando tutti noi saremo chiamati alla resa dei conti.

Nel 2017 se non vi fosse stato l’intervento di Draghi con le missioni di moneta della Banca europea chiamata quantitative easing (QE), il nostro debito pubblico attualmente attestato intorno al 132% del Pil, avrebbe raggiunto a fine anno quasi il 160%. Certamente per l’Italia si è trattato di un grande vantaggio, che diversamente non avrebbe evitato un commissariamento per il nostro Paese.

Se questa scelta decisionale della Banca europea sotto il profilo formale, è stata corretta, sotto quello sostanziale i tedeschi invece si sentono in un certo qual modo, piuttosto aggirati nelle loro aspettative meritocratiche e non attendono che l’imminente cambio della leadership della BCE, all’orizzonte della quale si intravedono per l’Italia più sòle che sole.

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