Autopsia di un quadro di Manet

Nel vasto panorama dell’arte e nelle manifestazioni emotive degli amanti dell’arte, alcuni dipinti si distinguono per l’armoniosa composizione delle immagini che catturano l’osservatore

di Alberto Zei

Nel contesto della grazia femminile, alcuni dettagli dell’abbigliamento trascendono l’epoca a cui la moda si riferisce, incanalando una percezione estetica più profonda. Un esempio eloquente di questo fenomeno si riscontra nell’arte figurativa quando un elemento dell’abbigliamento contribuisce magnificamente all’espressione complessiva della presenza femminile.

Un incontro casuale – Entrando in un bar lungo viale Marx a Roma Est, si può notare una serie di quadri esposti, caratterizzati da uno stile prevalentemente “verista”, con tocchi occasionali di arte contemporanea che sembrano richiamare l’opera di Manet. La proprietaria del locale, ritratta in un abbigliamento simile a quello della protagonista del quadro in questione, ha suscitato osservazioni tra i clienti riguardo alla semiotica dei tratti e alla cromia delle forme, seguendo lo stile di Manet. La conversazione ha toccato la sensibile eredità lasciata da Manet nella sua breve vita, permeata da numerosi dubbi ancora irrisolti. Analizzando il penultimo dei suoi ultimi dipinti, il “Bar delle Folies Berger”, emergono varie impressioni, a cominciare dalla vivacità del contorno rispetto ai personaggi centrali in primo piano.

Stili pittorici – Manet, oscillante tra l’impressionismo e il precedente verismo, nella sua ultima opera dipinge una realtà ponderata, ritraendo un istante all’interno delle Folies Berger di Parigi, frequentate all’epoca dalla borghesia in cerca di facile compagnia femminile. La cameriera, con un’espressione tra l’annoiato e il rassegnato, è rappresentata dietro al bancone, circondata da stoviglie, bottiglie di liquori e frutta. Uno degli elementi più intriganti dal punto di vista semiotico sono i due ampi reversi celestini della giacca blu che spiccano sul vestito della donna in primo piano.

Stili esistenziali – Si tratta di una della ultime opere di questo pittore che muore nel 1884, a causa delle complicazioni di un’ulcera su una gamba. In effetti Manet muore a cinquant’anni quasi in contrapposizione alla lunga vita del suo quasi omonimo amico Claude Monet, rivale in arte. Sembra un destino crudele di Manet che aveva la possibilità di esprimere nel corso della vita una serie di capolavori così come aveva fatto fino alla sua morte, debba por fine alle conseguenze di una malattia cronicizzata e all’ epoca incurabile. Ad una più attenta osservazione dei quadri realizzati, si può cogliere qualcosa di più. Infatti la scelta dei soggetti dipinti , stante anche alle di lui indipendenza economica, è stata determinata dalla sua preferenza più rispondente al tenore della propria vita. L’ambiente frequentato così come risulta dalle molteplici opere, è soprattutto quello del piacere, dello svago, della compagnia femminile, delle notti folli tipiche degli artisti dell’epoca che trovavano espirazione dall’alcol in generale e dall’assenzio in particolare. Insomma una vita stravagante, che senza ristrettezze economiche dava a lui la possibilità di ottenere ciò che all’epoca era abbastanza facile con l’estro pittorico e soprattutto con la disponibilità di denaro. Ecco che allora il tormento della malattia che non era un’ulcera mal curata cui si diceva, ma una patologia ben più grave e dolorosa alleviata probabilmente dall’uso di alcolici e in particolare dell’assenzio.

Il costo dell’ispirazione – Pur non essendo un bevitore di assenzio come alcuni dei suoi colleghi, Manet potrebbe aver subito l’influenza tossica di questa sostanza alcolica attraverso le suggestioni dei suoi compagni artisti. Le ipotesi in questo campo offrono una spiegazione plausibile, poiché la malattia, potrebbero averlo spinto a cercare antidolorifico assenzio la cosiddetta “ebbrezza lucida” per la creazione artistica.

Irrealtà prospettiche – Nell’osservare attentamente il quadro dal punto di vista prospettico, emergono incongruenze apparentemente inconciliabili; incongruenze che un pittore di levatura come Manet difficilmente commetterebbe involontariamente. Egli ha, piuttosto, adottato un approccio quasi metafisico per conferire al primo piano dei personaggi e agli oggetti circostanti una dislocazione nello spazio che rispecchia il loro valore simbolico all’interno della composizione spaziale. Inizialmente, si nota che la cameriera si trova dietro al bancone, mentre sulla parete dietro di lei si erge una grande specchiera che riflette l’affollamento del salone, tipico di un locale frequentato dalla borghesia maschile, come le Folies Berger, ben conosciuto anche dallo stesso Manet. La riflessione dell’immagine della ragazza appare sullo specchio vicino, ma l’angolo prospettico del dipinto non dovrebbe consentire la riflessione della schiena come dipinta da Manet. Questa è una licenza pittorica che, tuttavia, si distingue per la sua discordanza con la realtà quotidiana.

Il distinto signore – Lo stesso paradosso prospettico si applica alla figura retrostante alla cameriera: il distinto signore di una certa età con un cappello a cilindro che sembra conversare con la donna. La prima stranezza di questo personaggio, consiste nella rappresentazione angolare. L’immagine dal punto di osservazione, non potrebbe essere riflessa dallo specchi nel quadro. La seconda stranezza è la maggiore grandezza spaziale rispetto alle altre figure più vicine. Il simbolismo emergente suggerisce che Manet non sia ignaro di queste incongruenze apparentemente banali, ma piuttosto un artista ispirato da un sortilegio cronico di grandezza creativa, capace di distorcere la realtà; questo anche attraverso il personaggio del quadro ingrandito in proporzione alla sua maggiore distanza dal punto di osservazione rappresentante se stesso: soggetto e oggetto di auto creazione.

L’ immedesimazione – Anche qui come spesso avviene, sia nell’arte, sia nella letteratura, i personaggi rappresentati esprimono molto frequentemente un’autocelebrazione raffigurando in questi le presunte virtù del proprio io. Ecco che il delirio di grandezza tipico dell’intossicazione cronica dell’Assenzio non esclude una composizione così creativa da rivelare attraverso l’incongruenza della realtà dipinta, forse il motivo della morte di questo grande artista. È così che il quadro della cameriera manifesta una sorta di doppio significato: il primo è quello del suo classico stile “verista” a cui malgrado il subentrato stile impressionista nella pittura dei suoi contemporanei amici e colleghi , non si è mai voluto allontanare; il secondo è quella della surrealtà creativa della sua arte che Manet ha inteso intenzionalmente magnificare con la semiotica di questa opera nella quale però si riesce a cogliere anche gli ultimi passi sul viale del tramonto.

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