Quesito referendario viola libertà di voto. Due ricorsi. Renzi ora trema
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Quesito referendario viola la libertà di voto. Due ricorsi, uno depositato al Tribunale civile di Milano e uno al Tar del Lazio, con cui si chiede la trasmissione degli atti alla Consulta affinché affronti il ‘nodo’ del quesito referendario sulle riforme costituzionali. A presentarli sono stati il professor Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale, e la professoressa Barbara Randazzo, in qualità di cittadini-elettori. Secondo i ricorrenti: “la legge di revisione costituzionale approvata dal Parlamento e ora sottoposta al referendum ha oggetto e contenuti assai eterogenei, tra di loro non connessi o comunque collegati solo in via generica o indiretta, e che riflettono scelte altrettanto distinte, neppure tra loro sempre coerenti”. Il quesito per il referendum del 4 dicembre, a cui la Cassazione ha dato il suo via libera in agosto, è invece un quesito unico: secondo i ricorrenti, “la sottoposizione al corpo elettorale dell’intero variegato complesso di modifiche mediante un unico quesito, oltre a non risultare rispondente alla natura del procedimento” previsto dall’articolo 138 della Costituzione (inerente le leggi di revisione della Carta Costituzionale), “viola – scrivono Onida e Randazzo nel ricorso – in modo grave ed evidente la libertà del voto del singolo elettore, garantita dagli articoli 1 e 48 della Costituzione”, arrecando un “radicale pregiudizio allo stesso principio democratico, proprio in occasione dell’esercizio diretto della sovranità popolare al suo livello più alto: la ridefinizione delle regole del patto costituzionale”.
Con questi ricorsi, quindi, si chiede che la Consulta vagli la legge del 1970 che regola l’iter referendario e valuti se questa violi o meno la Costituzione nei punti in cui non prevede che “qualora la legge costituzionale sottoposta a referendum abbia contenuto plurimo ed eterogeneo, agli elettori debbano essere sottoposti tanti quesiti distinti, a cui l’elettore possa rispondere affermativamente o negativamente, quanti sono gli articoli o le parti della legge che abbiano oggetti omogenei”. Onida e Randazzo, dunque, sollecitano la sospensione del decreto con cui è stato indetto il referendum “fino alla decisione della Corte Costituzionale”. Il ricorso al tribunale civile di Milano è stato presentato con procedura d’urgenza: davanti al giudice milanese risulta già fissata un’udienza per il 20 ottobre prossimo su un ricorso riguardante il quesito referendario.