JP Morgan all’Eurozona: “cancellate costituzioni, e il diritto di protesta”. Il documento
JP Morgan. Gli economisti del gigante finanziario americano JP Morgan lo dicono senza troppi fronzoli ai governi europei: “Dovete liberarvi delle vostre costituzioni sinistroide e anti fasciste”. Lo si legge in un documento di 16 pagine in cui vengono elencate le modifiche da apportare nell’area euro per riuscire a sopravvivere alla crisi del debito. Oltre alla parte sul buon lavoro fatto sin qui, la sezione più interessante riguarda il lavoro che resta ancora da fare in termini di deleveraging delle banche e di alleggerimento del debito sovrano e delle famiglie. Le riforme strutturali più urgenti, oltre a quelle politiche, sono secondo la banca quelle in termini di riduzione dei costi del lavoro, di aumento della flessibilità e della libertà di licenziare, di privatizzazione, di deregolamentazione, di liberalizzazione dei settori industriali “protetti” dallo stato. Gli autori della ricerca osservano che nel cammino che porta al completamento degli accorgimenti da apportare alla propria struttura politico economica, l’area euro si trova a metà strada. Ciò significa che l’austerità farà con ogni probabilità ancora parte del panorama europeo “per un periodo molto prolungato“. Probabilmente l’idea che le grandi banche – in parte colpevoli per la crisi scoppiata in Usa ormai sei anni fa – anticipino altri anni di austerità e rigore non sarebbe stata accolta con grande favore dall’opinione pubblica e dai governi. Nessuno si illude che l’austerity scompaia da un giorno all’altro e nemmeno spera che lo faccia a breve. Tuttavia, ai paesi che hanno fatto ricorso al programma di aiuti internazionali della Troika (FMI, Bce e Commissione Ue) sono state fatte concessioni. Come premio delle modifiche strutturali apportate, è stato offerto in cambio un alleggerimento degli impegni presi in materia di riduzione del debito. E’ un peccato che l’analisi di JP Morgan non abbia ricevuto l’attenzione che meritava. Si tratta infatti del primo documento pubblico in cui dei banchieri ammettono francamente come la pensano su certi temi.
Il problema non è solo una questione di reticenza fiscale e di incremento della competitività commerciale, stando alla loro spiegazione, bensì anche di “eccesso di democrazia” che va assolutamente ridimensionato. L’elite finanziaria internazionale lascia intendere che se i paesi del Sud d’Europa vogliono rimanere aggrappati alla moneta unica devono rassegnarsi a rinunciare alla Costituzione. Di seguito una parte del documento originale: “Quando la crisi è iniziata era diffusa l’idea che questi limiti intrinseci avessero natura prettamente economica: debito pubblico troppo alto, problemi legati ai mutui e alle banche, tassi di cambio reali non convergenti, e varie rigidità strutturali. Ma col tempo è divenuto chiaro che esistono anche limiti di natura politica. I sistemi politici dei paesi del sud, e in particolare le loro costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano una serie di caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la maggiore integrazione dell’area europea. Quando i politici tedeschi parlano di processi di riforma decennali, probabilmente hanno in mente sia riforme di tipo economico sia di tipo politico. I sistemi politici della periferia meridionale sono stati instaurati in seguito alla caduta di dittature, e sono rimasti segnati da quell’esperienza. Le costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste, e in ciò riflettono la grande forza politica raggiunta dai partiti di sinistra dopo la sconfitta del fascismo. I sistemi politici e costituzionali del sud presentano tipicamente le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti; governi centrali deboli nei confronti delle regioni; tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori; tecniche di costruzione del consenso fondate sul clientelismo; e la licenza di protestare se vengono proposte sgradite modifiche dello status quo. La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste caratteristiche. I paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali, e abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), e dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia).” Leggi il documento