Black list delle banche a rischio chiusura. Nessuna tutela su Bond, azioni, e c/c
Ecco la Black list delle numerose banche a rischio in Italia. Pop Vicenza e Veneto Banca sono state bocciate negli stress test del 2015 della Bce. Riportiamo di seguito l’elenco di quelle che erano sotto commissariamento da parte di Bankitalia l’anno scorso. Un provvedimento di amministrazione straordinaria del genere non significa default, ma è una misura di sicurezza che viene applicata in casi comunque gravi, con l’obiettivo di scongiurare un peggioramento della situazione come per esempio la chiusura della banca. Banca popolare dell’Etna, Banca Popolare dell’Etruria, Banca delle Marche, CariFerrara, CariChieti, CariLoreto, Banca popolare delle province calabre,BCC Banca Romagna Cooperativa, BCC Irpina, BCC Banca Padovana, Cassa rurale di Folgaria, Credito Trevigiano, Banca di Cascina, Banca Brutia, BCC di terra d’Otranto, Istituto per il credito sportivo. Sono tutti nomi che dovrebbero segnarsi e tenere a mente gli obbligazionisti di bond subordinati e azionisti italiani – che non sono tutelati da alcun decreto legge e rischiano di venire pesantemente danneggiati, o di vedere addirittura sparire gli investimenti fatti. Per scegliere un istituto sicuro il consiglio è quello di studiare il patrimonio di vigilanza, criterio che definisce il rapporto tra gli investimenti fatti e il patrimonio dell’istituto. Secondo le regole stabilite in sede europea, un CET1 Ratio (rapporto Core Equity Tier 1) del 10% è il minimo sufficiente. Come si vede nella tabella sotto, la Banca Popolare di Spoleto, per esempio, non rispetta questo requisito. Il secondo parametro da tenere presente è il rating delle agenzie specializzate. L’Italia e le sue banche, piene come sono di crediti inesigibili e situazioni patrimoniali fragili, rappresentano un pericolo reale per l’Europa, in quanto potrebbero scatenare un effetto domino. In Borsa il rimbalzo del comparto, iniziato dopo la creazione il mese scorso del fondo Atlante (un veicolo finanziato dai privati volto a iniettare capitale e aiutare a smaltire le sofferenze in portafoglio degli istituti più travagliati) ha avuto vita breve. Banco Popolare ha annunciato ieri di aver svalutato crediti inesigibili per 684 milioni di euro nel primo trimestre, un valore quattro volte pari a quello dell’analogo periodo del 2015, e di aver così chiuso i primi tre mesi con una perdita netta di 314 milioni di euro. Insieme a Pop Milano i crediti deteriorati dei due gruppi arrivano a 360 milioni.
Le due società, così come Banca Carige, hanno bisogno di aiuti e liquidità fresca. La Bce ha promesso di dare una mano ma lo farà solo quando vedrà l’approvazione di piani industriali convincenti. Anche rivolgendosi al settore privato come cerca di fare il governo con il fondo Atlante potrebbe non bastare. Trovare 360 milioni di euro non sarà facile. Insomma, non ci sono abbastanza soldi per salvare tutti e qualche testa salterà. Il rischio è che le banche in bilico facciano la fine del Banco Espirito Santo. L’istituto portoghese è stato diviso in due entità: in una sono stati fatti confluire gli asset peggiori, mentre all’altra sono toccati quelli sani. A pagare il conto in questi casi sono gli azionisti, gli obbligazionisti (nella maggior parte dei casi fondi pensione) e in ultima istanza lo Stato (ossia i contribuenti). L’AD di Banco Popolare Pierfrancesco Saviotti ha spiegato durante la conferenza con gli analisti successiva alla pubblicazione dei risultati che le coperture sono solo il primo passo intrapreso per smaltire le sofferenze e che altri accantonamenti seguiranno quest’anno. La Bce chiede che gli accantonamenti coprano il 62% dei crediti maggiormente deteriorati, quelli che rischiano di non essere mai ripagati. Nel primo trimestre la banca è riuscita a raggiungere un tasso del 60% di coperture. Altri gruppi, fanno sapere banchieri e analisti, potrebbero intraprendere lo stesso percorso di Banco Popolare, vedendosi costrette a varare aumenti di capitale per rimediare alle perdite subite dai tanti non-performing loans (npl) iscritti a bilancio. Questo ha innervosito i mercati, che hanno per esempio perso fiducia nella solidità di Credito Valtellinese dopo la comunicazione del rosso trimestrale record e dell’ammontare colossale di sofferenze. Secondo le ultime stime a disposizione i prestiti concessi a debitori insolventi rappresentano in media circa il 40% del valore nominale dei bilanci delle banche italiane, ma i prezzi di mercato per questi asset raggiungono un livello al massimo del 30-35% quando il prestito è coperto da una proprietà immobiliare ritenuta di buona qualità.