Gentiloni aborto al Senato. In arrivo il Commissario UE

Gentiloni “sfiducia” al Senato. L’ex premier Matteo Renzi consegna a Paolo Gentiloni un attico delizioso ma senza soffitto, senza cucina: privato dell’appoggio di Denis Verdini, la maggioranza in Senato già è a serio rischio. Questo da un lato permette a Renzi di fare “bella figura” con il paese, e con la minoranza PD, dall’altro fornisce un pesante ricatto al nuovo esecutivo. E così la maggioranza che potrebbe votare la fiducia al governo Gentiloni si trova per ora sulla quota tranquilla di 171 senatori a Palazzo Madama, lontana dai 180 dei fasti del governo Renzi, ma anche dai 173 che dissero sì alle Unioni Civili. Con il gruppo del PD che conta 112 voti, Area Popolare formata da NCD e UCD che ne porta 29 (ma l’UDC aveva annunciato la scissione), 16 arrivano dalle autonomie e 4 da GAL oltre ai 10 del Gruppo Misto che in teoria dovrebbero garantire l’appoggio durante il voto di fiducia. Chi vivrà vedrà. Tanto più che il clima in Parlamento dopo l’annuncio di Zanetti e Verdini era questo: In quei momenti concitati nessuno riesce a parlare con i dirigenti di Ala, convocati per una riunione d’emergenza. È l’ora delle vendette interne in un gruppo che si sfalda. E infatti D’Anna non ha remore a dire che — con questa operazione — «Renzi non ha voluto regalare diciotto voti di tranquillità a Gentiloni. Il suo disinteresse verso noi mi pare molto interessato. Perché gli tornerebbe utile se volesse staccare anticipatamente la spina alla legislatura». Ma in quel caso, i parlamentari di Ala si presterebbero al (presunto) gioco del leader democrat, sapendo che difficilmente tornerebbero più in Parlamento? «In quel caso il gruppo si spaccherebbe», è il timore di Abbrignani: «Perché non vedo disponibilità a fare il lavoro sporco per altri». A caccia della «manina», tra i verdiniani c’è chi sospetta anche di Ncd, e Alfano — subito dopo il giuramento — ci tiene a smentirlo ufficialmente, invitando a cercare il colpevole da un’altra parte. Non ci sono prove insomma, ma una cosa è certa, il gruppo che ha segnato una fase del renzismo, senza più sponde rischia ora di sbriciolarsi. A quel punto porte spalancate all’insediamento tecnico, e qui chi meglio dell’ex ministro dell’Economia Padoan? L’uomo giusto, l’unico in grado di chiedere aiuti all’ESM, ed attuare quelle riforme tanto care all’UE. Ma ciò vale a accasarsi la Troika. Il popolo italiano, nonostante anni di lotta, ancora ignora cosa sia il ESM, e cosa comporti. Di tutti i gravi accadimenti, ancora in essere, questo sarebbe talmente pernicioso, che definirlo colpo di Stato sarebbe un eufemismo, perché uno Stato, dopo una richiesta di aiuti al ESM, cesserebbe di esistere. Qualunque governo venga di seguito, verrà commissariato. Non importa se avrà cinque o sei stelle: avrà le mani legate.

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