I Conti correnti bancari non sono al sicuro. Ecco l’amara verità
Conti correnti bancari non sono al sicuro. Il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi tutela i depositanti fino a 100mila euro. Questa la verità ufficiale ma c’è anche un’altra verità per la quale ci sarebbero accantonamenti per soli 1,9 miliardi su 476 miliardi di fondi rimborsabili. In caso di grossi crac quindi non ci sarebbero quattrini per pagare i depositi sotto i 100 mila euro In era di “bail-in”, rassicurazioni ci sono arrivate dall’Europa e dalle istituzioni italiane sul fatto che anche in caso di fallimento di una banca (non all’ordine del giorno per fortuna in Italia), i depositi bancari al di sotto dei 100 mila euro sono assicurati per legge. E l’Italia da molti anni vanta una garanzia attraverso il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD). La stragrande maggioranza dei risparmiatori, quindi, sarebbe tutelata. Ma sarà vero? Ebbene, a leggere la Relazione Annuale dell’FITD sull’anno 2012 ed effettuata monitorando 254 istituti, parrebbe proprio di no. La legge fissa l’obbligo per le banche italiane di assicurare i depositi fino a 100 mila euro, così come l’obbligo vige per le filiali delle banche italiane all’estero e per le succursali di banche straniere in Italia. Escluse solo le banche di credito cooperativo, che aderiscono al Fondo di Garanzia del Credito Cooperativo. Sulla base dei dati della Relazione, ammonterebbero a 476 miliardi di euro i depositi tutelati. Di questi, 197 miliardi rientrerebbero nella posizione di “Rischio medio-alto” e oltre 50 miliardi sarebbero della fascia “Rischio alto”. Più della metà dei depositi rimborsabili si troverebbero, quindi, in istituti potenzialmente a rischio crac. Ma a fronte di cifre di tale entità, risultano accantonati dal Fondo appena 1,9 miliardi di euro, cioè lo 0,4% della cifra teoricamente da coprire.
In pratica, perciò, sarebbe coperto solo il caso di fallimento di una banca di piccole dimensioni, ma se il crac riguardasse un istituto italiano di medio-grandi dimensioni, il Fondo non avrebbe più soldi per tutelare tutti coloro che ne avrebbero diritto per legge. Intendiamoci, che la tutela fino a 100 mila euro fosse grosso modo teorica lo si è sempre saputo, ma che esistano coperture per soli 4 euro su 1.000 è qualcosa che non molti ci aspettavamo. Cosa significa questo? Ha ancora senso proseguire l’esperienza dell’FITD? In realtà, sì. Il Fondo serve per disinnescare la bomba di un “run” bancario, cioè di una corsa agli sportelli, dovuta al panico dei risparmiatori, nel caso di fallimento di una banca o anche solo di voci sulla illiquidità di un istituto. Avendo tutti la consapevolezza che esiste una tutela legale per i depositi fino a una certa cifra, il panico viene annullato o molto ridimensionato sin dall’inizio e questo consente al sistema creditizio di poggiare su basi più stabili. Tuttavia, pur non volendo immaginare che il Fondo possa accantonare effettivamente il 100% dei crediti rimborsabili, anche perché risulterebbe inutilmente oneroso, lo 0,4% sembra un importo da presa in giro. Eppure, non sarebbe nemmeno semplice accrescerlo, perché ciò passerebbe per un aumento degli accantonamenti obbligatori delle banche in favore del Fondo, che in una fase di questo tipo implicherebbe un costo poco sostenibile, vista la scarsa liquidità nel comparto inter-bancario. D’altro canto, le sofferenze bancarie sono esplose a 140 miliardi di euro, pari al 9% del pil e al 20% del capitale e delle riserve di tutto il sistema bancario italiano. Dovremmo solo far finta di non conoscere i dati. Evitiamo di pensarci, tranne di immaginare di tornare ad ammassare i nostri risparmi (per chi li ha!) sotto il materasso.
Non tutti i FITD risparmiatori avranno tempo e competenze per leggere i bilanci della propria banca, ma qualche precauzione può essere presa da tutti. Per esempio, un indicatore divenuto importante per rilevare lo ‘stato di salute’ di un istituto bancario è il Common equity tier 1 (Cet1), indicatore che rapporta il patrimonio netto della banca (capitale sociale più riserve) ai rischi assunti, ovvero si misura il totale delle attività ponderate per il rischio. Le norme europee prevedono come ‘pavimento minimo’ per le banche un Cet1 Ratio dell’8%, che equivale a dire che una banca può effettuare investimenti (finanziamenti, prestiti, mutui,investimenti su titoli ecc) ponderati per il rischio superiori a 12,5 volte il capitale proprio. Più questo indicatore è elevato, maggiore dovrebbe essere la solidità dell’istituto, ovvero la capacità di affrontare eventuali scenari negativi. In generale un livello sotto il 9% non è considerato sufficiente, e sotto l’8% è assolutamente a rischio.