La BCE “condanna” Unicredit al bail in. Allarme rosso per azionisti e risparmiatori

Bce. Titolo UniCredit attaccato dalle vendite, dopo le ultime novità sulla banca emerse ieri, 31 Gennaio. Novità che fanno temere il peggio per l’istituto che si appresterebbe a varare un maxi aumento di capitale del valore di 13 miliardi di euro, il più grande mai proposto da una banca italiana. È  la spada di Damocle che la Bce ha deciso di far pendere sulla testa di UniCredit (comunque nel mirino degli investitori da parecchio tempo). Le novità sull’istituto di Piazza Gae Aulenti sono scritte nero su bianco nel documento di registrazione che la stessa UniCredit ha depositato alla Consob, relativo all’operazione di ricapitalizzazione. Dal documento, che ha ricevuto il via della libera della Consob, emerge: “Sui risultati di bilancio del quarto trimestre peseranno oneri straordinari del valore di 12,2 miliardi di euro, sulla scia dell’aumento degli accantonamenti per far fronte alle perdite”. La banca ha anche comunicato che i suoi ratio di capitale non riusciranno a soddisfare le richieste SREP della Bce, a causa delle svalutazioni. Di fatto, al 31 dicembre 2016 il Cet1 phase in sarà pari a circa l’8%, il Tier1 Capital ratio al 9% e il Total capital ratio all’11,5%. Gli obiettivi mancati avranno non poche ripercussioni, in quanto Unicredit non potrà procedere “fino al ripristino dei requisiti patrimoniali non rispettati, alla distribuzione dei dividendi e al pagamento delle cedole degli strumenti Additional tier 1″. E, nell’immediato, “ove l’aumento di capitale non fosse sottoscritto ovvero fosse sottoscritto parzialmente, l’emittente non potrebbe corrispondere la cedola relativa agli strumenti di Additional tier 1 dovuta a marzo 2017 e avrebbe limitazioni sulla politica di distribuzione dei dividendi”. Sempre nel documento si legge come la Bce abbia rilevato diverse aree deboli, come l’esposizione elevata ai crediti deteriorati, il rischio di liquidità, la persistente debolezza della redditività, il rischio di credito, e anche il rischio legato alle attività in Turchia e in Russia. Di qui, l’ultimatum della Bce: entro il prossimo 28 febbraio la banca dovrà presentare una “strategia in materia di crediti deteriorati, supportata da un piano operativo per affrontare la tematica dell’elevato livello di crediti deteriorati”. Nel caso in cui la ricapitalizzazione da 13 miliardi di euro decisa da UniCredit non andasse in porto, le conseguenze potrebbero essere gravissime. Nello stesso documento depositato presso la Consob si legge che un’adesione parziale all’operazione avrebbe “significativi impatti negativi sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria” di Unicredit “fino a compromettere la sussistenza dei presupposti per la continuità aziendale“, nel caso in cui non venissero predisposte altre misure per rafforzare il capitale, per “far fronte agli assorbimenti di capitale generati” dal piano strategico. Il timore che il piano strategico non riesca a risolvere i guai di UniCredit è tutto in questa frase, contenuta sempre nel documento. La banca scrive: “Sebbene le azioni poste alla base del Piano Strategico siano finalizzate, tra l’altro, a mitigare i profili di debolezza del Gruppo UniCredit, evidenziati anche dalla BCE all’esito dello SREP 2016, alla Data del Documento di Registrazione, sussiste il rischio che le azioni del Piano Strategico non siano in grado di fronteggiare adeguatamente i profili di debolezza riscontrati dalla BCE“. Nel caso peggiore UniCredit sarebbe praticamente alla completa mercé della Bce, che potrebbe intervenire anche in modo invasivo, attraverso per esempio “l’imposizione di restrizioni o limitazioni dell’attività e/o la cessione di attività che presentassero rischi eccessivi per la solidità dell’emittente”. E per UniCredit c’è anche lo spettro bail-in, visto che nello stesso documento si legge che “sussiste il rischio che ove non fosse in grado di ripristinare i requisiti patrimoniali applicabili, anche ricorrendo a misure straordinarie diverse da quelle previste nel piano strategico, possa essere necessaria l`applicazione degli strumenti di risoluzione”. Strumenti di risoluzione che sono stati previsti dalla direttiva europea sulle risoluzioni bancarie (2014/59/Ue), che ha introdotto proprio il bail-in.

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