Casse vuote ma “l’angelo” Lorenzin regala miliardi alle Big Pharma

Lo Stato ha le casse vuote, ma la Lorenzin pensa a restituire il favore degli investimenti fatti in Italia alle Multinazionali del farmaco, issando la bandiera del buon Samaritano, e moltiplicando i vaccini come i pesci del Vangelo. Il carattere gratuito dell’operazione di massa è un inganno, in quanto è sempre lo Stato a pagare, quindi tutti noi. Dunque, con il nuovo piano nazionale, collegato ai nuovi Lea, i vaccini saranno gratis per tutti e senza pagamento del ticket, perché questi non sono da considerarsi una cura ma attengono alla prevenzione collettiva della popolazione. È quanto affermato dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin dopo il via libera ai nuovi Lea cui è collegato il Piano vaccini fermo ai box da quasi un paio d’anni.   Tra le vaccinazioni che saranno gratuite ricordiamo, l’anti-Pneumococco, anti-Meningococco, Papilloma virus anche agli adolescenti maschi, vaccino anti-influenzale per gli anziani over 65. Ma per dare l’ok definitivo al progetto serve l’approvazione definitiva in Stato-Regioni del Piano vaccini che arriverà giovedì prossimo in Stato Regioni come annunciato dal Antonio Saitta, assessore regionale alla Sanità del Piemonte e coordinatore degli assessori regionali alla Sanità. La loro sostenibilità economica, che ha preoccupato per molti mesi le Regioni sul fatto che gli 800 milioni stanziati fossero sufficienti a coprire le nuove prestazioni e le nuove esenzioni introdotte. E sì, perché il problema è che sulla carta i nuovi Lea costerebbero molto di più, esattamente 3,053 miliardi, quindi molto ma molto di più degli 800 milioni messi sul piatto dal Governo. Alla fine da quei poco più di 3 miliardi, si scenderebbe infatti a 771,8 milioni di euro di maggiori oneri effettivi e quindi assolutamente all’interno dello stanziamento della stabilità. E allora perché tutti questi dubbi da parte delle Regioni che, non a caso, pur dando il via libera, hanno vincolato il loro sì all’impegno di una verifica sui costi reali? Perché è evidente che quando si fanno calcoli di questa portata su uno spettro gigantesco di prestazioni con altrettanti variabili poco ponderabili, il rischio che alla fine si sballino i conti non si può escludere del tutto. L’assistenza sanitaria italiana in campo cardiovascolare potrebbe essere più efficiente, l’Italia si classifica infatti al 16° posto su 30 paesi analizzati: è quanto emerge dall’Euro Heart Index (EHI) 2016, pubblicato a Bruxelles. L’Index, che mette a confronto i sistemi sanitari in ambito cardiovascolare di 30 paesi europei, vede la Francia al primo posto, seguita a breve distanza da Norvegia e Svezia. In coda Bulgaria e Cipro. L’Italia presenta le maggiori disparità a livello regionale (tra nord e sud) rispetto a qualsiasi altro paese europeo. Una maggiore uniformità delle procedure di trattamento migliorerebbe l’accesso alle terapie e il livello delle prestazioni.L’emergenza nei Pronto soccorso di questi giorni, riapre la discussione sulla programmazione dei posti letto ospedalieri e sulla pericolosità dei tagli lineari in sanità. I dati relativi alla consistente riduzione dei posti letto in Italia negli ultimi 15 anni sono stati più volte in passato portati all’attenzione dell’opinione pubblica. Con l’applicazione della “Spending review” il taglio rispetto al 2000 ha oramai superato i 70.000 posti letto (da circa 295.000 a 224.000 p.l.) per raggiungere quel target del 3,7 per mille abitanti, tra posti letti per acuti e post-acuti (lungodegenza/riabilitazione), individuato negli oramai famigerati “Standard ospedalieri” emanati dalla Conferenza Stato/Regioni con il DM 70/2015. Come se non bastasse, vi sono regioni che viaggiano con dotazioni di posti letto per acuti al di sotto del 3 per mille abitanti, arrivando in alcune aree regionali anche al 2,3-2,5. Il caso dei malati messi sul pavimento all’Ospedale di Nola è un esempio eclatante dei tagli perpetrai nella Sanità. Intanto siamo nel pieno di una transizione demografica ed epidemiologica. I soggetti ultra sessantacinquenni passeranno dai circa 12 milioni attuali ai circa 18 milioni del 2050. I pazienti che si osservano oggi negli ospedali sono sempre più anziani, disabili, con diverse patologie spesso misconosciute. L’evoluzione demografica ci metterà sempre di più di fronte a questi pazienti clinicamente complessi e soggetti a destabilizzazioni anche per cause banali. Pensare di riorganizzare e rendere efficiente il sistema sanitario attraverso politiche di tagli lineari su fattori produttivi importanti come i posti letto e le dotazioni organiche dei medici, e degli infermieri ospedalieri, da cui dipendono i diritti di accesso alle cure dei cittadini, merita una seria valutazione da parte dei nostri politici.

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