Tangenti, appropriazione su c/c, e titoli tossici per far fallire Divania. Unicredit condannata
Tangenti. Unicredit ancora sulla scena, appena si aprono i tendoni, fuoriesce una losca commedia all’italiana, tra malaffare, corruzione, appropriazione indebita, e parcelle astronomiche pagate ai Ctu, che fanno parte dello staff della banca, quindi in conflitto di interessi. Raccontiamo il caso di Divania, azienda leader nel settore dei salotti, con 430 dipendenti, costretta a chiudere i battenti a causa della criminale volontà della banca. Riportiamo la storia recente ed il calvario giudiziario a cui è stata costretta l’impresa per difendersi dalle varie angherie, e del successo finale della magistratura, che ha condannato Unicredit al risarcimento di 7,6 milioni di euro. Ma c’è di più, il Pubblico Ministero di Bari Isabella Ginefra ha chiesto il rinvio a giudizio di Profumo e Ghizzoni insieme a 14 funzionari apicali della banca per aver distratto dai conti correnti intestati alla società, in danno degli altri creditori, la somma di € 183.772.789,12 di cui si sono indebitamente appropriati nell’interesse della banca addebitandola in assenza dell’autorizzazione di addebito in conto concessa dalla società per investirla abusivamente in contratti derivati truffaldini che hanno prodotto perdite per la società di oltre 15 milioni di euro. Nell’ordinanza del Tribunale di Bari del 2 febbraio 2015 è certificato che Unicredit ha pagato in assenza del decreto di liquidazione emesso dal Giudice € 470.000 ai due CTU prof. avv. Morera e dott. D’Innella nominati dal Tribunale nella causa instaurata da Divania contro Unicredit. Dunque risulta provato che questa somma di € 470.000 è stata indebitamente pagata con i soldi degli azionisti gestiti dai responsabili della banca con l’approvazione degli organi di controllo che non hanno rilevato alcunché nei bilanci della banca tacendo al mercato come viene utilizzato il denaro dei malcapitati che acquistano azioni della Unicredit.
La transazione firmata in data 1 febbraio 2010 per conto di Unicredit dal legale della banca prof. avv. Morera che assisteva la banca proprio mentre stava elaborando la CTU disposta dal Tribunale della causa Divania/Unicredit che avrebbe depositato due mesi dopo in data 9 aprile 2010. Queste due circostanze sono emerse soltanto dopo l’ esposto presentato al Tribunale che, ovviamente, ha dovuto prendere gli opportuni provvedimenti e trasmettere le carte in Procura. Come mai su migliaia di periti il Tribunale di Bari nella causa tra Divania e Unicredit ha nominato proprio il legale di Unicredit, e se queste strane coincidenze si ripetessero senza che nessuno le scopra, non c’è il rischio che Unicredit dopo aver fatto fallire Divania e gettato sul lastrico i suoi 430 dipendenti, la faccia franca? Vista la gravità dell’accaduto e l’importanza mediatica del caso Divania-Unicredit per la credibilità della giustizia italiana, come mai il CSM non interviene e non viene disposta una ispezione per verificare se nelle numerose cause civili e penali pendenti presso il Tribunale di Bari tra l’amministratore delegato, Saverio Parisi in proprio, e Divania da un lato e Unicredit ed i suoi funzionari dall’altro tutto si stia svolgendo in modo regolare? Saverio Parisi scrive al nostro giornale: “Non vorrei che senza l’intervento del CSM tra un CTU casalingo ed una mazzetta pagata con i soldi degli azionisti, i responsabili della Unicredit riuscissero a farla franca”. Anche il sindacato è sul piede di guerra, ed apprende la notizia della condanna plaudendo alla giustizia che fa il suo dovere. “La sentenza con cui il tribunale di Bari ha condannato Unicredit è un’ottima notizia e rafforza la battaglia che stiamo portando avanti da sempre, una battaglia di legalità e giustizia sociale”. Lo ha dichiarato Antonio Delle Noci, segretario generale della Filca-Cisl di Bari, commentando la sentenza con la quale Unicredit è stata condannata a pagare 7,6 milioni di euro in favore della curatela del fallimento di Divania, la società produttrice di divani dichiarata fallita nel 2011.