Benetton dietro approvazione Bolkestein. Da Goldman Sachs e Pd, un’autostrada di favori
Benetton. Dietro l’approvazione della legge europea Bolkestein, non solo permessi per gli ambulanti, ma in generale per ogni licenza, ci sono le multinazionali, anche quelle dell’abbigliamento. La norma approvata anche dall’Italia, prorogata, però al 2019, dopo le aspre polemiche e manifestazioni di piazza, scatenate innanzi dalle categorie che detengono licenze di bancarelle, taxi e stabilimenti balneari, anche se il fronte d’azione Bolkestein è molto più vasto. Non c’è più il principio del paese d’origine, ma la libera prestazione dei servizi fra gli Stati dell’Unione, che potrà essere esercitata senza nessun vincolo; vengono infatti mutuate “sic et simpliciter” le normative Gats dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, e nella stesura definitiva, eliminati perfino i deboli richiami alla difesa dei consumatori. Permane la deregolamentazione totale del lavoro autonomo, ovvero la spinta ad una ulteriore accelerazione della precarizzazione dei contratti di lavoro. Risulta confermata la messa sul mercato di moltissimi settori di servizi pubblici e si relegano le assemblee elettive, dai municipi ai governi nazionali a meri osservatori del libero fluire della circolazione dei servizi. Quindi, i rischi di privatizzazione dei servizi restano tutti, mentre sarà possibile far rientrare dalla finestra il principio del paese d’origine presentandosi al lavoro come imprenditori di sé stessi (partita iva, co.co.co. o altro ancora). E tornando agli ambulanti, al momento, vi sono anche singoli imprenditori che detengono 100 licenze, che poi le fittano a terzi. A Roma, ad esempio, una bancarella fissa in Prati può far guadagnare dai 2.000 ai 4.000 euro al mese, di cui parte in nero. La nuova legge prevede che tutte le licenze , alla loro scadenza dovranno essere messe all’asta , e chi offre di più la ottiene, per un periodo di 7 anni. E non solo: ciascun titolare non potrà possedere più di un permesso e dovrà esser presente alla vendita. Ma tra le pieghe della normativa emerge la realtà: una società, potrà chiedere tre licenze, e basterà che questa assumi una persona per ogni permesso ed il gioco è fatto. Perché le multinazionali possono aprire più società con intestatari fittizi . Ed a quanto ci risulta sembrerebbe che anche Benetton abbia spinto perché la Bolkestein passasse. Le società di moda, infatti, avranno una convenienza di non poco conto, perché detenendo loro le licenze, potranno vendere direttamente le giacenze di magazzino, scavalcando l’intermediario, e abbassando i costi, e controllando il mercato.
Con il senno di poi, la provocatoria campagna pubblicitaria della Benetton suona come un monito o, per altri, come una scelta di cattivo gusto. La multinazionale tessile tempestava le città del mondo denunciando i livelli record di disoccupazione: “Unemployee of year” – “Disoccupati dell’anno” lo slogan che riprendeva giovani ragazzi “non avvocati”, “non giornalisti”, “non ricercatori” a causa del ‘non lavoro’. Ora a mandare a casa i lavoratori sono proprio loro. Poi è arrivato Il “regalino” di Goldman Sachs alla famiglia. Con la privatizzazione nel 1999 delle autostrade, voluta dal governo D’Alema, l’Atlantia-Autostrade Spa fa capo alla famiglia Benetton, la quale può godere di ben 4 miliardi di euro l’anno per il pedaggio. Una cifra non da poco se si considera che durante il 2012, al culmine della recessione e della spending review, le tariffe autostradali sono aumentate e la holding ha chiuso il bilancio in positivo del 2%. Ma il vero scandalo è stata la ‘gentile concessione’ che il governo Monti ha fatto, tramite il ministro delle Infrastrutture Corrado Passera, alla famiglia Benetton. Prima dell’uscita di scena del Professore, il ministro Passera ha firmato un provvedimento che da ben 26 anni era chiuso in un cassetto: un vero e proprio regalo all’impero Benetton che incrementa il sistema di oligarchie e privatizzazioni. In totale silenzio sono state incrementate le tariffe aeroportuali di Fiumicino che sono addirittura raddoppiate, passando da 16 euro a passeggero a 26,50 euro. Ovviamente questo è tutto guadagno per i poteri forti che gestiscono Fiumicino e tra questi ci sono anche i Benetton. È stato, assieme alla Luxottica di Leonardo Del Vecchio, il simbolo del terzo capitalismo, ruggente e innovatore, del Nord Est. Poi, nella stagione delle privatizzazioni, il gruppo Benetton è emerso quale potenza nel mondo delle utilities assicurandosi il controllo delle autostrade ed allargando la sua sfera di influenza nel mondo dei servizi, dagli aeroporti alle grandi stazioni, fino a dar vita ad una delle poche leadership tricolori nel mondo, grazie ad Autogrill. E adesso? L’aria è cambiata. Si parla di vendite e di valigie pronte pronte per l’estero. «Stiamo guardando parecchie cose, ma non c’è niente di preciso». Prende tempo Gilberto Benetton, a capo di uno dei pochi gruppi italiani di dimensioni internazionali e, cosa ancor più rara, con una solida posizioni finanziaria. Qualcosa si farà. Di certo, alla larga dalle banche. «Non siamo mai stati richiesti ufficialmente – risponde Gilberto- ma se ce lo domandassero diremmo assolutamente di no, perché non è chiaro il futuro di quel mondo».