Renzi il banchiere, e il deficit di Stato
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Renzi. Dopo il regalo di 7,5 miliardi alle banche ( praticamente quasi tutte) che hanno una partecipazione nel capitale di Bankitalia, (la rivalutazione delle quote è ,appunto , pari a 7,5 miliardi di euro) e dopo che queste avranno dovuto cedere la parte eccedente il 3% ( la parte maggiore del capitale è in mano ad Unicredit e S.Paolo), giungono nuove ciambelle di salvataggio per il sistema bancario. Una normativa che prevede che i crediti in sofferenza non vengano più «scaricati» in 5 anni, ma ogni anno, con un beneficio stimato in 3,5 miliardi di euro all’anno. Poi, come se non bastasse, è giunta la legge, varata il 6 maggio di quest’anno, sui prestiti vitalizi, in cui l’anatocismo (il cumulo degli interessi) è consentito, mentre una legge lo vieta. Infine, la normativa sul «bailout», per cui se una banca è in pericolo, al salvataggio dovranno contribuire gli azionisti ed i correntisti, con depositi superiori ai 100.000 euro. Ma la storia non finisce qui. Il Tesoro starebbe studiando una legge per il varo di una Bad bank, anche con soldi pubblici (Cassa Depositi e Prestiti), per liberare parte dei crediti inesigibili od incagliati delle banche. Infine, mentre la coperta continua ad essere corta per gli italiani, non si capisce di chi sia l’oro di Bankitalia ( valore di circa 120 miliardi di euro, oltre che valute per circa 40 miliardi), cioè se dello Stato o delle banche. Abbiamo chiesto lumi sia a Bankitalia che all’Abi, ma tutto tace. Come mai? Renzi sta diventando un banchiere? Intanto Draghi, mentre il Presidente del Consiglio pensa più alle banche che al bilancio dello Stato, sembra aver perso definitivamente la pazienza con l’Italia. Nonostante la caduta dei tassi d’interesse per effetto del Quantitative easing, il debito resta molto alto. «Le previsioni d’inverno della Commissione, scrivono a Francoforte nel bollettino mensile, «indicano per l’Italia una differenza dello 0,8% tra il Pil per il 2016 e il percorso di aggiustamento previsto dalla Bce. Rispetto alle previsioni dello scorso autunno, il divario si è ampliato a causa delle spese aggiuntive inserite nella legge di stabilità, che hanno aumentato l’obiettivo di disavanzo dello 0,2% al 2,4% del Pil». Questo vuol dire che nel 2016 l’Italia non rispetterà gli obiettivi di rientro del debito.