Merkel: “Fatevi aiutare o…”. Pronta la “Troika”. Elezioni nel 2018. Sovranità nell’inceneritore

Merkel: “Fatevi aiutare o fuori dall’Eurozona”. Pronti i commissari della “Troika”. Elezioni nel 2018 a fine legislatura. Perchè? Il 1° ottobre 2017 maturano le pensioni per i parlamentari, e sicuramente saranno pochi quelli disposti a mollare l’osso. I peones che rischiano di buttare il tesoretto contributivo appartengono a tutte le forze politiche, ma sono soprattutto grillini, ex M5s, appartenenti al Gruppo Misto e 209 del Pd. I versamenti dei parlamentari sono trattati come gestione separata e non si possono né ricongiungere ad altri profili previdenziali né riscattare, per cui se non si maturano i requisiti stabiliti dal governo Monti andranno irrimediabilmente perduti. Il diritto a ricevere il trattamento pensionistico ormai si matura solo al conseguimento di un duplice requisito, e anagrafico e contributivo. In definitiva il parlamentare ha diritto al vitalizio solo dopo avere svolto il mandato parlamentare per almeno 4 anni e mezzo e una volta compiuti 65 anni di età. Per ogni anno di mandato oltre il quinto, il requisito anagrafico è diminuito di un anno sino al minimo di 60 anni. Sono in pericolo le posizioni dei parlamentari alla prima esperienza, in particolare 417 deputati sui 630 totali alla Camera e191 su 315 al Senato; in totale, 608 su 945. Certamente, a parole, tutte le opposizioni chiedono elezioni in tempi strettissimi, ma verba volant e scripta manent. Parole, parole, come nella celeberrima canzone di Mina. La realtà è ben diversa. Non si può andare ad elezioni immediate per alcuni semplici motivi: 1) Occorre attendere il responso della Corte Costituzionale, che terrà la sua prima riunione in merito all’Italicum il 24 gennaio del prossimo anno, ma poi occorrerà verificare, in caso di giudizio quali saranno le correzioni da applicare; 2) Parte del Pd è spaccato, e non vuole andare ad elezioni anticipate; 3) Anche gli alleati di Renzi non vogliono sentir parlare di ritorno immediato alle urne; 4) L’acciaccato Cavaliere vuole che la legislatura continui con un governo tecnico, ma chiede poltrone; 5) I tempi per una nuova legge elettorale non saranno brevissimi; 6) chi si prenderà la responsabilità di formare un governo tecnico vorrà garanzie temporali, e non di una manciata di giorni. Grillo, Salvini e la Meloni vorrebbero subito le urne, con l’Italicum modificato ed applicato anche al Senato, sperano così, di scalzare il Pd, ed essere accolti vincitori dalle urne. Inoltre, il Presidente della Repubblica Mattarella, non vuol sentir parlare di fine legislatura a breve. Certo è che i governi tecnici non hanno mai fatto bene all’Italia, anzi tutt’altro. La nuova legge elettorale dovrà sicuramente fare i conti con la soglia di sbarramento, perché nessuno vuole tornare a casa, ad iniziare dai compagni di merenda di Renzi. E così, tra una botta al cerchio ed una alla botte, si giungerà nel 2018. E così tutti vivranno felici e contenti in nome dell’inciucio politico di Stato, anche perché certamente dovranno essere consentite le aggregazioni tra i vari partiti. Tra l’altro il tempo del nuovo esecutivo dovrà servire per i necessari chiarimenti a destra, oltre che riflessioni per Grillo di potersi trovare un compare. In questo Paese, da soli non si va da nessuna parte.

Ma non è tutto questi sono gli affari di famiglia, c’è chi conta decisamente di più, ovvero la Germania, che non ci sta, vuol invaderci: la Troika è pronta all’assalto, Frau Merkel ha pronti i commissari: “fatevi aiutare o fuori dalla moneta unica”. Già come la Grecia. A Berlino ci vogliono così, con la Troika in casa e la sovranità nazionale nell’inceneritore. Con Matteo Renzi uscito di scena, con la Borsa che vola ai massimi dalla Brexit (+4,1%) e lo spread silenziato sotto i 160 punti, così pontifica, dalle colonne di Handelsblatt, Volker Wieland: l’Italia «ha bisogno al più presto di un governo in grado di agire. Questo esecutivo dovrebbe chiedere un programma di aiuti all’Esm», ovvero al fondo salva-Stati, con «anche il Fondo monetario coinvolto». L’esatta riproposizione del salvataggio di Atene, la stessa doppia regia tesa «a esercitare le giuste pressioni per sbloccare le riforme». Anche a costo di mettere ancor più in ginocchio un Paese. Il saggio di Frau Angela Merkel ne ha anche per Renzi, che ha sbagliato a legare «il suo futuro politico alla riforma costituzionale invece di portare avanti riforme ambiziose sul mercato del lavoro, dei prodotti, dell’amministrazione pubblica e della giustizia». Ma la cosa più grave è che per Wieland sia assolutamente naturale che il nuovo governo non provi neppure a cavarsela da solo. Non c’è altra opzione se non quella del commissariamento e dell’imposizione di misure draconiane. Anzi, un’alternativa c’è: «Se il nuovo governo non affronterà con forza questi problemi l’Italia non riuscirà a restare a lungo nell’Unione monetaria». Insomma: o si piega la testa, oppure si spalanca la porta di uscita dall’euro. Un’ingerenza minacciosa mascherata dal buon proposito di dare alla penisola uno «scudo in caso di crisi debitoria». Ma come: non c’è già il quantitative easing della Bce a proteggerci? Ancora per poco, a sentire un altro falco come il presidente dell’istituto di ricerca tedesco Ifo, Clemens Fuest, che a ridosso della cruciale riunione di domani dell’Eurotower sollecita Mario Draghi a rallentare gli acquisti di titoli a partire dall’aprile 2017. Il motivo? Il rialzo dei prezzi del petrolio ha dissolto i rischi di deflazione.

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