Panama Papers: mille rotoli di poteri occulti
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Panama Papers. Una fonte anonima, e “vergine” come la nostrana Cicciolina o se preferite Eva Henger, uno spiffero, è entrato in possesso (chissà perché) di migliaia di documenti dello studio Mossack Fonseca. La fonte lo ha ceduto al teutonico Suddeutsche Zeitung che, di fronte a un Everest di dati, si è rivolto ad ICIJ per spartire la ricerca e scoperchiarne il contenuto. In quanto unico partner italiano di ICIJ, “l’Espresso” ne è entrato in possesso. Mossak Fonseca è uno studio legale, mejor aggettivo sarebbe illegale, fondato a Panama nel lontano 1977 e specializzato nella creazione ad hoc di società registrate nei vari paradisi fiscali. Lo studio, considerato uno dei cinque migliori al mondo nel suo settore(figuriamoci il resto), è stato fondato da due avvocati. Uno è Jurgen Mossack, figlio di un nazista delle SS, che dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale traslocò a Panama. L’altro è Ramon Fonseca, panamense, che ha studiato alla London Schools of Economics e lavorato nella sede Onu(codesto luogo può di primo acchito lasciar perplessi, ma se si conoscono meglio gli anfratti putrescenti di codesto carrozzone non ci si stupisce) di Ginevra prima di fare ritorno al natio continente. Lo studio Mossack Fonseca ha 40 uffici sparsi nel mondo e circa 500 dipendenti. Fino a qualche tempo fa Ramon Fonseca è stato uno dei consiglieri del presidente panamense Juan Carlos Varela. Non una comunità politica tesa a tutelare comuni interessi, ma un’istituzione dominata dalla finanza che, da branca dell’economia, si è trasformata nella sua cieca e tirannica padrona, per la quale i popoli sono soltanto carne da macello. Queste sono le leggi dell’economia, come se l’economia fosse una scienza.
E veniamo ai rappresentanti in casacca azzurra, noi ci siamo sempre, i primi forse di una più lunga serie, in fin dei conti siamo solo all’inizio, non ci sorprenderebbe affatto ritrovarci assieme ad antiche glorie vedi il geronto Costanzo in compagnia magari della gentil, si fa per dire, consorte. Ma veniamo all’undici titolare: Barbara D’Urso (davvero singolare che una soubrette da quattro soldi bucati, possa figurare in una lista assieme al primo Ministro di sua Maestà britannica cose dell’altro mondo…? Carlo Verdone, Luca Cordero di Montezemolo, il pilota Jarno Trulli e il manager Donaldo Nicosia. E proprio l’attuale presidente di Alitalia è intervenuto sulla vicenda. «In merito alla società panamense e al conto associati al mio nome, ho avuto modo di ricostruire – trattandosi di nove anni fa (periodo in cui ero fortemente impegnato, tra l’altro, in Confindustria, Fiat e Ferrari) – che mi furono proposti dai miei consulenti finanziari di allora in vista di investimenti che non furono poi mai realizzati», si è difeso Montezemolo intervenendo al cda di Unicredit. «Posso quindi confermare- ha aggiunto l’ex numero uno di Ferrari – che non possiedo alcuna società off shore né alcun conto estero e, soprattutto, che non ho commesso alcun illecito».
Forse è attraverso il paradosso che potremmo meglio comprendere non solo l’illegittimità ma anche l’assurdità di certe situazioni che puzzano di massoneria da mille miglia, e che mai vengon esibite. Sarebbe ora, una volta per tutte, di far luce sulle logge, ma sono ancora troppo pochi, coloro che se ne prendono briga.