Geologi: l’Italia si spacca in due. Dai Campi Flegrei segnali allarmanti

11354044-napoli-paesaggio-dei-campi-flegrei-con-il-lago-lucrino-archivio-fotograficoGeologi. L’Italia si sta separando. Non è una questione politica. E neanche campanilistica. E’ proprio una questione geologica. «Parte dell’Appennino si muove verso l’Adriatico, mentre un’altra parte resta indietro. Come se si tirassero due lembi di un lenzuolo fino a strapparlo. In questo modo l’Appennino si sta lacerando», rivela il sismologo Carlo Meletti, responsabile del Centro di pericolosità sismica dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia lasciando immaginare un futuro terribile per lo Stivale. «L’alta pericolosità sismica della zona appenninica non è di certo un mistero» precisa Meletti. Se il sisma abbia riattivato altre faglie è «qualcosa che non possiamo sapere», aggiunge. «Con le nostre attuali conoscenze, infatti, non siamo in grado di valutare lo stato di una faglia. Sappiamo che prima di un terremoto si crea uno stato di tensione, ma noi ce ne accorgiamo solo quando la roccia si spacca perché non regge più alla deformazione. Attualmente, infatti, non c’è modo di misurare la tensione di una faglia. E né tanto meno di prevedere dove e quando ci sarà un terremoto».

Per i geologi un’altra zona a destare serissime preoccupazioni si trova in Campania. Sull’argomento le notizie non sono confortanti: la nostra zona scotta: “Pericolosità altissima e rischio enorme. Quello vulcanico è tra i più alti al mondo”, dice Carlo Doglioni, presidente dell’Istituto nazionale di Geofisica e vulcanologia, professore di Geodinamica alla Sapienza e accademico dei Lincei. “Napoli si trova in una delle zone che ha il maggiore rischio naturale possibile – spiega Doglioni – perché un’esplosione dei Campi Flegrei sarebbe uno dei più grandi disastri che potrebbe colpire l’Italia. Dobbiamo investire in conoscenza e istruire i cittadini”. “Napoli dev’essere consapevole – osserva il professor Doglioni – spesso non si sa o non si vuole sapere, è un problema sociale”. Si riferisce a casi come gli ospedali vesuviani costruiti in prossimità del cratere? “Specialmente all’ultimo, Boscotrecase, in zona rossa. Ma è difficile, con una simile concentrazione abitativa, starne lontani. Questa però non è una giustificazione. Gli ospedali potrebbero essere flottanti, galleggianti sull’acqua”.

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