INGV. La mappa dei prossimi violenti terremoti in Italia. Le zone

INGV. Mancava un tassello al puzzle delle scosse che stanno flagellando l’Appennino centrale. Tra L’Aquila 2009 e Amatrice 2016 c’era rimasta una zona neutra, o quasi, nella cartina che riporta i terremoti della zona. Si trattava di Campotosto, appunto. Che ieri ha colmato il suo vuoto, stupendo solo fino a un certo punto i geologi come Carlo Meletti, responsabile del Centro di pericolosità sismica dell’Ingv, l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia che con i suoi strumenti monitora i movimenti della Terra in Italia. Cos’è successo? “Si è attivata la parte meridionale della faglia sismica che aveva causato la sequenza di Amatrice del 24 agosto 2016. E’ la cosiddetta faglia di Campotosto, che aveva registrato delle scosse dopo il terremoto dell’Aquila del 2009, sempre di magnitudo leggermente superiore a 5. E che nelle settimane scorse era tornata a far registrare dei tremori. Sono sicuramente terremoti tutti allineati lungo una stessa linea di faglie che parte dall’Aquila e arriva verso Visso e Ussita. Ma non parlerei di effetto domino perché da Amatrice la sequenza di scosse si è spostata prima verso nord, poi è tornata a sud verso Norcia, nelle settimane scorse aveva dato degli eventi verso Montereale e Pizzoli e ora ha colpito di nuovo verso L’Aquila. Di sicuro in quella zona c’è un sistema che continua a essere perturbato. A Campotosto si è attivato un nuovo segmento. Ma dal punto di vista sismologico tutti questi sismi hanno caratteristiche simili: stessa profondità e stessa dinamica. D’altronde anche dopo la sequenza di Umbria e Marche nel ’97 ci furono terremoti di magnitudo superiore a 5 anche sei mesi dopo la scossa principale”.

Non è un semplice terremoto quello che ha ancora una volta colpito duramente Umbria e Marche come non lo è stato quello dello scorso 24 Agosto. Il sisma di magnitudo 6.0 avvenuto alle ore 03:36 italiane del 24 agosto ha smosso un intero sistema di faglie, con conseguenze che ci portiamo avanti tutt’oggi. Lo dimostrano le numerose scosse successive anche di magnitudo superiore alla 3 che interessano l’area. Un’area molto vasta che copre una lunghezza di oltre 100km dalla provincia di Macerata a quella dell’Aquila. Gli epicentri di quelle che vengono erroneamente chiamate scosse di assestamento sono ben allineati secondo la direzione NNO-SSE la direzione che seguono le faglie sismogenetiche della zona. Quello che si è verificato è una sorta di effetto a cascata. L’energia liberata durante l’evento principale del 24 Agosto ha destabilizzato anche i sistemi di faglie minori che hanno cominciato a liberare l’energia che avevano accumulato nel tempo. Si tenga presente che la magnitudo di un terremoto è in scala logaritmica il che significa che un terremoto di magnitudo 3.0 è 10 volte meno forte di un terremoto di magnitudo 4.0 e 100 volte meno forte di un terremoto di magnitudo 5.0. Le scosse di magnitudo superiore al 3.0 sono state centinaia e migliaia quelle di terremoti con magnitudo superiore al 2.0 senza contare gli eventi con magnitudo superiore al 4.0 o 5. Una fortuna: l’energia successiva a quel primo evento si è liberata in modo frammentario attraverso le miriadi di scosse minori distribuendosi su una direzione più ampia, questo ha limitato gli ulteriori danni. Una sfortuna invece, che non possiamo conoscere a priori, riguarda gli stati tensionali all’interno della crosta nell’area soggetta a questi movimenti: va da se che l’energia che si continua a sprigionare da questi terremoti potrebbe favorire nuove scosse anche intense in zone diverse da quelle del primo evento.

Se da un lato l’allarme per un presunto terremoto che avverrà al Sud Italia continua ad impazzare sul web, dall’altro ci sono le mappe sismiche dell’INGV, che mettono in evidenza le probabilità che un terremoto record oltre la Ml 6,5 si verifichi in un punto della nostra Penisola entro i prossimi 10 anni. L’istituto INGV ha deciso di aggiornare periodicamente questi dati in modo tale da mettere la popolazione di fronte al reale rischio sismico in Italia, cercando di favorire così la prevenzione ai terremoti e migliorando gradualmente quella che potrà essere la “previsione”, quella tanto chiacchierata ultimamente e sulla quale i ricercatori non chiudono definitivamente la porta. INGV ”Se avessimo più fondi a disposizione, prevedere i terremoti sarebbe più semplice di quanto possiate immaginarvi”. Da queste, spicca un maggiore rilievo nei confronti del Friuli Venezia Giulia (26% ) , seguito poi dal Fucino (24%), Irpinia (23,8%), Campania / Appennino Sannita (16%) e infine la Calabria compresa tra il 13% ed il 16%.

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