Uzbekistan l’ecotragedia del lago d’Aral

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castronibanner728x90Uzbekistan. Pochi disastri ecologici, nel nostro tempo sono stati voluti e accettati più ottusamente di quello provocato al lago d’Aral, che fino agli anni ’50 era il quarto lago più esteso del mondo, con i suoi 67.000 Kmq (quasi tre volte la Sicilia!). Il lago si estendeva per 400 Km di lunghezza e 280 di larghezza, era profondo sino a 50 metri ed era alimentato da due fiumi (il Syr-Darya e l’Amu-Darya) che vi riversavano 55 Km cubi di acqua l’anno. A detta di tutti il lago aveva acque limpide spiagge incontaminate e un’immensa fauna ittica, che alimentava importanti industrie. Il clima era temperato, traghetti, anche turistici, lo attraversavano regolarmente, e 100.000 famiglie vivevano e lavoravano serene sulle sue sponde.Poi, agli inizi degli anni ’60, il governo sovietico decise di aumentare la produzione del cotone in Uzbekistan e gli stati limitrofi. Sorsero così infiniti campi rubati al deserto, che ovviamente abbisognavano di sempre maggiore acqua per produrre. Furono quindi creati degli sbarramenti sui due immissari e le acque furono incanalate verso i campi. Il risultato (ampiamente previsto e quindi ancora più devastante) fu che, in meno di 20 anni, le acque si abbassarono di oltre 16 metri e le sponde meridionali si ritirarono di 80 Km! Malgrado la catastrofe, i dirigenti sovietici continuarono imperterriti nel prosciugamento, con un’ottusità pari alla loro totale irresponsabilità, tanto che, quando furono chieste spiegazioni al ministro responsabile del tempo, lui rispose candidamente che il lago era un “errore della Natura”, che andava quindi sanato! Negli anni successivi le piantagioni di cotone crebbero a dismisura, e l’Aral, lentamente, continuò a prosciugarsi, dividendosi in due piccoli bacini, e provocando, con l’aumento della salinità, la distruzione di ogni attività lavorativa, in quella che forse è la più grave catastrofe ecologica della nostra epoca. Una catastrofe che ha devastato l’ambiente circostante, facendo mutare le condizioni climatiche (che sono diventate più secche e fredde), facendo sparire numerose specie ittiche e mandando in miseria decine di migliaia di famiglie.

aral4Un altro disastro, col prosciugamento, è stata l’ex isola di Vozrozhdenia, che un tempo i sovietici utilizzavano come poligono per la guerra biologica, testandovi virus terribili, come quelli dell’antrace e della peste. Un’isola il cui nome significa, beffardamente, “Rinascita” e che invece, una volta messa a nudo, ha disperso i suoi terribili veleni per centinaia di chilometri. Quello che resta di un lago bellissimo e fertile (non più del 20% dell’ampiezza di un tempo) è oggi un deserto allucinante, che la gente chiama “Akkum”, cioè “Sabbie bianche”. Oltre al disastro lavorativo la popolazione, grazie allo sciagurato uso di pesticidi e diserbanti (trasportate dei venti) è stata colpita da infinite malattie, molte anche cancerogene: tifo, epatite, dissenteria, addirittura tubercolosi, trasformando il nord-ovest dell’Uzbekistan un vero inferno in terra.

di Gigi Oliviero

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