SuperCosa Nostra e Magistratura: Il buco nero della criminalità

SuperCosa Nostra. C’è l’oscuro di mafia sull’asse Trapani-Palermo. Da queste parti, il triangolo mafia-politica-massoneria non è solo un facile riferimento giornalistico. L’Antimafia, venuta in Sicilia, nell’incontro con i magistrati di Palermo e Trapani ha raccolto elementi da farle ritenere che quest’alleanza resta pesante e potente. Per questo ha avviato le audizioni, convocando i vertici delle logge, alla ricerca di quei fratelli nascosti che tessono trame pericolosissime, come insegna la storia siciliana, e non solo. Non è dato sapere se Matteo Messina Denaro sia un massone, riesce difficile dipingerlo con cappuccio e grembiulino per sottoporsi al rito di iniziazione, lui che giovanissimo decise di cambiare il rito della “punciuta” mafiosa portando dentro Cosa nostra un altro giovane, facendolo partecipare ad un omicidio, e iniziandolo solo mettendo materia cerebrale sulla mano del giovane “picciotto”. Se invece la domanda fosse se lui sia in rapporti con uomini e donne della massoneria, allora la risposta è si. Nel 1992 anno delle stragi, anche la massoneria si può essere tirata indietro nei rapporti con Cosa Nostra, e non dimentichiamo che nel maggio del 1993 Matteo Messina Denaro, andò a piazzare un furgone imbottito di tritolo in via dei Georgofili a Firenze, in quella stretta stradina degli Uffizi dove si dice ci fosse anche la sede di una loggia, e forse da quel momento anche la massoneria decise di tornare a trattare con la mafia, o anche ad aiutare la mafia a trattare con lo Stato. Oggi arrivano le conferme che mafia e massoneria costituiscono sopratutto in provincia di Trapani. un’unica cosa, e Trapani, se nei fatti di ogni giorno è periferia, nei fatti criminali è terra di grande importanza. L’Antimafia, dunque, sente i vertici della massoneria. Chiede loro se ci sono in Sicilia, ad operare nel buio, a tessere trame criminali, pericolose logge segrete. E loro? Ipotizzabile che dicano cose nuove, dirompenti? I gran maestri che abbandonino i clichè di sempre, torneranno a dirsi indignati e offesi. Invece la massoneria dovrebbe rimettere in discussione i caratteri di segretezza, o come dice qualche massone di Castelvetrano, di riservatezza, che la avvolgono, e la sostengono. La massoneria nella storia dell’Italia, e dell’Europa ha avuto certamente un ruolo importante, ma oggi la cortina di segretezza è fuori dal tempo. A Trapani ci sono indagini che toccano la pubblica amministrazione, l’economia, le imprese dalle quali poco a poco, è venuta fuori una camera di compensazione, una regia che ha fatto pensare a quello che era negli anni ’80 la famosa Iside 2, la loggia del gran maestro Gianni Grimaudo dove erano iscritti professionisti, politici, colletti bianchi, avvocati e mafiosi, stanze che erano frequentate anche da magistrati, giudici, se non direttamente attraverso le loro consorti. Per anni l’azione giudiziaria contro la Iside 2 era stata poca cosa, anche perché il contesto sociale, e politico della città, aveva di fatto appoggiato quegli iscritti alla Iside 2; per anni abbiamo letto uno per uno i nomi degli iscritti dicendo che nessuno di loro aveva perso nulla, anzi tanti avevano continuato a far carriera. La Iside 2 non ha mai smobilitato, ha cambiato solo nome, pelle ma è rimasta perfettamente in piedi. C’è un verbale, che fa parte delle carte prodotte dal sostituto procuratore generale di Palermo Nico Gozzo nel processo contro l’ex sottosegretario all’Interno Antonio D’Alì, nel quale il collaboratore di giustizia Nino Birrittella racconta di interventi della massoneria segreta per conoscere il lavoro dei magistrati, per spiare i magistrati: sono parole pesanti, rispetto alle quali c’è stato un assordante coro di silenzi; a Trapani di queste cose non si vuole parlare, si preferisce dire in giro che Birrittella è un untore.

Il triangolo “massoneria mafia politica” va sotto un solo nome: Cosa Nostra! Cosa Nostra è quello che è, proprio perché oggi è un unico contesto criminale con massoneria e politica. Questa è la “supercosa” la Cosa Nostra 2 messa in piedi in questi 23 anni di latitanza da Matteo Messina Denaro. Nuovi protagonisti ci possono essere ma, come accaduto a Palermo con il ritorno dagli Usa dei cosiddetti “scappati”, a Trapani i figli, i nipoti dei boss che sono stati uccisi, posati o comunque passati a miglior vita per morte naturale, penso che stanno diventando i nuovi boss; e attenti, parliamo non di figli con coppole e lupare, ma che intanto sono diventati professionisti e colletti bianchi affermati. Non dimentichiamo la testimonianza ai pm fiorentini del vecchio uomo d’onore Giuseppe Ferro, che parlando delle stragi del ’93 ha detto che, passata la stagione delle bombe, si doveva meglio pensare ai loro figli. “Concordammo” disse Ferro “che dovevamo farli studiare, laureare, per farli diventare” parole di Ferro “medici, avvocati magistrati.” Le banche, come sempre. Borsellino e Falcone quando parlavano di mafia dicevano che a Palermo c’era la mafia militare, a Trapani quella economica. Ancora oggi lo scenario non è cambiato. La commissione nazionale antimafia appena venuta a Trapani ha dovuto prendere atto che dinanzi ad un territorio fatto di povertà, dinanzi alle emigrazioni che non si arrestano, la provincia di Trapani resta una terra dove le banche riescono a fare grandi raccolte di denaro. Un dato? La Banca d’Italia ha segnalato come al 31 dicembre 2014 la raccolta creditizia presso gli sportelli bancari di Castelvetrano è risultata essere pari a 740 milioni di euro. L’entità dei sequestri e delle confische in questa provincia di Trapani è eclatante, supera i 3 miliardi di euro, ed indichiamo un dato per difetto. In una terra dove siamo passati da “la mafia non esiste”, pronunziata davanti ai morti ammazzati, alle stragi, a “la mafia che è stata sconfitta”, è assurdo pensare di atteggiamenti di consenso nei confronti dei giornalisti che raccontano di indagini e processi. Si turba il diretto interessato e si turba anche l’amico del diretto interessato. Oggi se scopriamo di avere un vicino di casa pedofilo siamo tutti pronti a chiedere al capo condomino di buttarlo fuori dal palazzo, magari ce la prendiamo con i magistrati che non lo arrestano o lo lasciano ai domiciliari, se invece scopriamo che il vicino di casa è un mafioso o un complice o sovvenzionatore dei mafiosi, ci diamo da fare per portargli a casa colazione, pranzo e cena. Ma spesso accade che a turbarsi del tuo lavoro siano altri giornalisti. Ecco, negli anni caldi della lotta alla mafia c’era un coro nell’informazione, oggi il coro dei giornalisti contro la mafia non c’è più e se tu scrivi di una indagine spesso accade che c’è chi si inventa indagini contro di te.

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