Donne romane over 40 le più bigotte d’Italia. Stress, Metafisica, e assenza di simboli
Donne. La vera parità è consegnata nelle braccia dell’impero ecclesiastico, che hanno forgiato, indottrinato Roma, l’Italia intera, e la gran parte del mondo nei secoli. La donna romana ne ha assorbito appieno dettami, proclami e dogmi. E così si è assuefatta ai riti. Le romane hanno dissipato un patrimonio, e l’esser bigotte, anime false e corrotte, può aver viziato la coscienza peggio che ogn’altra abitudine di perversità. Invitare un uomo, neanche a parlarne. Rispondere al telefono o ad un sms, complesso, segreteria su on a trincea. Richiamare anche solo per cortesia, raro. Questo il quadro che emerge da una nostra piccola inchiesta. Ma non finisce qui. Le donne romane, nella maggior parte dei casi sono molto insoddisfatte, e s’incagliano. Oggi, corteggiare una over 40 è un’impresa. Sensualità, femminilità e sessualità sono al tramonto. Lacan considerava il fallo un ostacolo al rapporto sessuale. Prima sembrava che qualcosa potesse scriversi per la via dell’identificazione all’essere il fallo o all’averlo. Ora il fallo è un ostacolo al rapporto, poiché il godimento fallico, fuori corpo, non dice niente del femminile in cui è in gioco un godimento del corpo. La funzione del fallo rende ormai insostenibile ogni bipolarità sessuale del tipo yin\yang. Il fallo non introduce solo la dissimmetria a livello del desiderio e del godimento, fa anche ostacolo al rapporto tra ciò che sarebbe maschile e ciò che sarebbe femminile. Alla donna e all’uomo il significante procura una identità di sembiante, ma non colma lo scarto tra l’identità sessuale come appartenenza a un sesso e l’identità singolare relativa al godimento. Assumere il proprio essere sessuale richiede una simbolizzazione, ma essa non sarà sufficiente poiché nell’inconscio la differenza dei sessi non si scrive. NelI’Italia settentrionale, per non dire in Europa, le donne sono più propositive; uscite dal guscio da tempo, effervescenti nel lavoro e nella vita privata, autonome ed in grado di decidere. Soprattutto a Roma le donne hanno preteso dagli uomini forza, personalità, decisionismo, abilità manuali e tecniche, ma anche protezione, sensibilità, comprensione, capacità di ascoltare e pazienza. L’uomo ideale dovrebbe essere, dunque, un concentrato di tutte queste qualità. Forse un po’ troppo per un comune mortale! E’ già una fortuna trovare un uomo che possieda il 50% delle caratteristiche elencate. Tuttavia, non è certo solo a causa della pressione esercitata dalle aspettative femminili che gli uomini di oggi sono così deludenti. Molto meno maturi della generazione dei loro padri e dei loro nonni, eterni ragazzini privi di iniziativa e senza spina dorsale, incapaci di assumersi le proprie responsabilità e dipendenti materialmente più che affettivamente dalle loro compagne. Uomini disorientati da un mondo in continua evoluzione/involuzione e dall’emancipazione femminile, che ha determinato un graduale ribaltamento dei ruoli con consequenziale indipendenza delle donne e perdita di quella femminilità rassicurante per il sesso forte. L’uomo è da tempo ad un bivio: da un lato schiacciato dal problema della disoccupazione o, se occupato, dalle responsabilità derivanti dal lavoro e dalla famiglia; dall’altro intimorito da una figura femminile troppo ingombrante e poco rassicurante rispetto alla mamma, una donna indipendente, rampante, aggressiva, esigente e stressata. Le donne sempre più insoddisfatte, Monadi Leibniziane, che urtano e rimbalzano, senza mai entrare nel vivo del contatto, la sostanza individuale. Infatti, se nelle verità di fatto il predicato non è identico al soggetto, è pur vero che nel soggetto deve esserci la ragion sufficiente del predicato. Questo soggetto, che deve esser reale o esistente, e si identifica dunque con la sostanza individuale. L’uomo non può avere una conoscenza completa della sostanza individuale, ma solo quella determinata dall’esperienza.