Evasione fiscale record nel 2016 (300mld). Equitalia recupera il 3%. I motivi di un fallimento

Evasione fiscale record. Su 1.058 miliardi di euro di crediti da riscuotere affidati a Equitalia tra il 2000 e il 31 dicembre 2015, si può sperare di riscuoterne solo 51. Il 5% del carico totale lordo. A riferirlo è stato l’amministratore delegato dell’ente della riscossione, Ernesto Maria Ruffini, in audizione davanti alle commissione Finanze del Senato. “Il 20,5% è stato annullato dagli stessi creditori”, ha spiegato, e “dei restanti 841 miliardi di euro, oltre un terzo sono difficilmente recuperabili”. Infatti 138 miliardi di euro sono dovuti da soggetti falliti, 78 miliardi di euro da persone decedute e imprese cessate, 92 miliardi da nullatenenti in base ai dati dell’Anagrafe tributaria. E per altri 28 miliardi di euro “la riscossione è sospesa, sempre per forme di autotutela o sentenze“. La difficoltà maggiore sta nei ricorsi risultato? Si va avanti per anni e nulla si conclude. Tutto perduto? Molti ritengono di sì. Altrimenti non si spiegherebbe come, soltanto nel 2016, quasi 300 miliardi di euro che dovevano finire nelle casse dello Stato si siano volatilizzati altrove. Non pagare le tasse è, a volte, un vizio più che una necessità. Non si parla soltanto di chi lavora in nero per garantire la pagnotta alla famiglia: si parla anche di chi, con quei soldi in nero o mascherando la dichiarazione dei redditi, si vuole permettere una vita al di sopra delle proprie possibilità. Ma che cosa rischia chi non paga le tasse? La prima considerazione appare alquanto chiara: non pagare le tasse comporta il reato di evasione fiscale. Ma non tutti gli evasori sono uguali: il Governo Renzi individuò ben 19 tipi di evasori: quello che lavora in nero, quello che imbosca i soldi in qualche paradiso fiscale, quello che non rilascia lo scontrino, quello che emette delle fatture false, quello che non dichiara la seconda casa (magari servendosi di un prestanome o intestandola al figlio), quello che scommette e vince in qualche gioco d’azzardo illegale, quello che apre una Onlus ma in realtà si intasca i soldi, e così via. Ogni scusa è buona per non pagare le tasse. Chiaro che, se si viene scoperti, si rischia in quantità variabile, a seconda dell’entità dell’evasione. La legge, infatti, sancisce quando non pagare le tasse merita una sanzione amministrativa, cioè un’ammenda, o una sanzione penale, vale a dire una multa o, addirittura, il carcere. Nella maggior parte dei casi, ricevere uno o l’altro tipo di sanzione dipende dalla cifra evasa, cioè da quanti soldi di tasse non sono stati pagati.

I grandi evasori fiscali italiani dormono sereni tra due cuscini. Hanno sul groppone qualcosa come 300 miliardi di euro di tasse non pagate, eppure l’incubo del pignoramento, delle ganasce fiscali, delle ipoteche sui beni, non li riguarda. Vivono molto più tranquilli di chi, per caso o per crisi, ha dimenticato una multa da trenta euro. Perché Equitalia, a loro, non ci arriva. Non può, non ha i mezzi. E anche quando li sfiora, è troppo tardi: il capitale da aggredire per recuperare il credito dello Stato quasi sempre si è già volatilizzato. Sono centomila i maxi evasori che hanno accumulato col Fisco un debito, secondo una recente stima documentata, superiore a 500mila euro: sono banche, società di assicurazioni, grandi e medie imprese, privati con fortune a 8 zeri che non hanno versato le imposte sui redditi o l’Iva. Ebbene, di questo tesoro da 300 miliardi Equitalia dal 2006 ad oggi è riuscita a recuperare meno di 10 miliardi. E’ poco più del 3 per cento. Questa cifra, da sola, racconta lo scarso successo, per non dire fallimento, dell’ente pubblico di riscossione dei tributi, controllato al 51 per cento dall’Agenzia delle Entrate e al 49 per cento dall’Inps. soltanto un ingranaggio. Perché, è bene chiarirlo subito non è che Equitalia non recuperi i miliardi degli “over 500mila” per scelta politica. È che non ce la fa proprio. È nata nel 2005 raccogliendo l’eredità delle vecchie concessionarie delle banche, che lavoravano poco e male: è impostata come una società privata, per cui deve coprire i costi di funzionamento con l’aggio, ma allo stesso tempo riscuote seguendo le regole pubbliche, dunque si deve necessariamente attivare di fronte a qualsiasi importo. «E però la legislazione attuale impone di usare gli stessi strumenti – ragiona una fonte qualificata interna a Equitalia – sia che si tratti di recuperare piccole somme, sia quando ci troviamo a dover riprendere crediti milionari. Sono strumenti a volte meno incisivi di quelli a disposizione dei riscossori privati».

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