Npl al 17,5%. Francoforte: “No a fusioni, sì a scioglimento”. Banche italiane senza futuro. La lista

Npl al 17,5%. Nelle economie avanzate, nessuno sta peggio dell’Italia. A certificarlo sono i recenti dati del rapporto FMI, che evidenzia anche come le banche nel Belpaese siano la principale fonte di finanziamento alle imprese, circa il 35% dei prestiti totali, contro il 7,2% della Gran Bretagna, dove il forte sviluppo del settore dei servizi finanziari spinge le imprese a reperire fondi alternativi sul mercato. In Germania alle imprese va il 15% dei prestiti, in Grecia il 37,1%. Invece,in Cina è forte il legame delle imprese con le banche, che concedono il 60% dei prestiti complessivi. Infine, negli Usa la quota è al 35,4%, mentre in Russia al 50,8%.

E tornando alle sofferenze delle banche italiche, tanto per un’infarinatura sui confronti con i Paesi più avanzati, si rileva che il Canada è allo 0,6%, in Francia al 3,9%, in Gran Bretagna all’1%, negli Usa all’1,47%, in Cina all’1,7%, in Russia al 9,7% Spagna al 5,7%. Peggio di noi solo Cipro, al 47%, e Grecia al 37%. La numero uno della Vigilanza della Bce; Daniel Nouy, ha usato il termine «unwinding» (scioglimento) nel suo intervento davanti alla Commissione economica e finanziaria del Parlamento europeo. Quanto allo smaltimento delle sofferenze, «gli elevati livelli di npl devono essere affrontati come priorità, l’approccio attendista non può proseguire», ha avvertito la francese con parole che suonano come una sferzata per l’Italia, l’unico fra i big dell’Eurozona con un fardello di crediti deteriorati, il 17,5% del totale, ben al di sopra della media (6,5%).

Nessun riferimento specifico a singole banche o Paesi ma il messaggio è stato chiaro. E preoccupante considerando che la Bce è chiamata a decidere se Pop Vicenza e Veneto Banca, che hanno avanzato formale richiesta per la ricapitalizzazione precauzionale (come Mps, sui cui la trattativa con l’Europa resta ancora aperta), siano solventi indicando il fabbisogno di capitale necessario per salvarle. Non è la prima volta che la francese Nouy alza così i toni: nel febbraio del 2014 aveva detto al Financial Times: «Dobbiamo accettare il fatto che alcune banche non hanno futuro. Dobbiamo lasciarle scomparire in modo ordinato, senza per forza cercare di fonderle con altri istituti». Ieri il capo della supervisione di Francoforte è partita sottolineando l’eccessiva frammentazione del sistema bancario della zona euro e si è espressa a favore di una maggiore discrezionalità da parte di Francoforte nelle decisioni su requisiti di capitale necessari. Ha inoltre accolto con favore le nuove regole proposte dalla Commissione europea sul capitale delle banche, che introducono diverse modifiche normative da concordare a livello globale. Tuttavia ha rilevato che queste regole limitano i poteri della vigilanza, soprattutto quando si tratta di fissare i requisiti di capitale.

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