Poste sponsorizza prestiti contro legge. Lo Stato non potrà più garantire depositi e titoli
Poste Spa continua ad ingannare clienti, e pubblico. Aveva iniziato con pagine sui giornali dai titoli roboanti, dalle diciture degne del miglior mondo lillipuziano a piè pagina, illeggibile anche solo al microscopio, per specificare di essere solo intermediari. Ma i media si guardano bene di andare a frugare nelle pieghe, perché la pubblicità, si sa, è l’anima del commercio, quindi ben venga a qualsiasi costo. Si tratta di artifizi, perché Poste, tramite il suo scudiero Bancoposta, non può erogare direttamente alcun prestito. Bancoposta, infatti, non è una banca, ma un surrogato, ed i prestiti le sono interdetti per legge. Invece li possono erogare le banche associate, in testa Deutsche Bank, si badi bene un istituto in crisi. Dunque, pubblicità fittizia, che però l’Antitrust non solo non sanziona, sarebbe il minimo da doversi attendere, ma a cui non fa nemmeno cenno. Ecco i controllori seduti su poltrone dorate, che nei fatti, però, non muovono foglia. La strada di Poste Spa è lastricata di insidie, ne abbiamo già parlato in alcuni nostri servizi, e che riassumiamo in alcuni punti essenziali: 1) Poste Spa non potrà più garantire i titoli emessi dopo la cessione ai privati di parte del capitale. Ancor peggio quando entro il 2017 CDP cederà un altro 35% sul mercato. Quindi, addio alla garanzia pubblica sui titoli emessi. 2) Lo Stato non potrà neanche più garantire i depositi, sia sui c/c che sui libretti di risparmio. 3) Se fossimo in presenza di uno Stato serio, Bancoposta, prima di entrare nell’Euro avrebbe dovuto esser trasformata in una vero istituto di credito, ma le banche si opposero per non trovarsi di fronte un concorrente agguerrito, munito di oltre 16.000 sportelli, e dai costi di gestione decisamente inferiori. E siccome CDP è controllata dalle banche, il loro fine è stato portato a compimento. Carta vince, carta perde. Anche questa volta han vinto le banche, su cui Renzi ha profuso ogni genere di elargizioni, indottrinato da Morgan Stanley, Black Rock e JP Morgan. Ecco spiegato, tra l’altro, il mistero del recente viaggio negli Usa dell’ex premier.