Il caso Feltri: un pretesto da cogliere al volo
Chi non riesce a brillare di luce propria cerca sempre visibilità oscurando gli altri
Di Alberto Zei
In quanti modi diversi
Il modo ricorrente più semplice quanto arbitrario di certe persone, è quello di ritenersi investite della volontà collettiva di coloro che neppure si conoscono, come avessero ottenuto il mandato di agire in nome e per conto. Ma di che cosa?
Difficilmente si trova tanta enfatica avversione per una parola ritenuta offensiva, provocata nella dialettica polemica di un’intervista con Vittorio Feltri in cui i concetti com’è noto, difficilmente sono improntati su parole pronunciate in punta di piedi.
Questa è la frase incriminata:
“Io non credo ai complessi d’inferiorità, io credo che i meridionali in molti casi siano inferiori”.
Chi scrive questo articolo abita a Roma oltre la sponda destra del Tevere dalla quale in giù, il Nord ci dice di essere meridionali e terroni. Quindi anch’io dovrei sentirmi ancora più offeso da questa ripetizione di Feltri a cui aggiunge che i meridionali sono “inferiori”.
Il fatto è che in un contesto mediatico soprattutto televisivo in cui le parole scurrili sono divenute l’intercalare folkloristico di interviste spettacoli e persino di canzoni, il termine “inferiori” non dovrebbe fare insorgere amletici dubbi di lesa dignità.
D’altra parte la frase di Feltri non si conclude con il termine a cui si ritiene che si riferisca e cioè, all’intellettualità o qualcosa del genere. Infatti precisando che questa inferiorità possa riscontrarsi “in molti casi” esclude lo stesso concetto sul tutto.
Nel modo peggiore
Mancando la conclusione di riferimento che Feltri non dà, i meridionali potrebbero essere inferiori per disponibilità economica, per qualità dei mezzi di trasporto, per numero di industrie, per il numero delle strutture sanitarie, per produzione agricola e così via dicendo. Ma anche noi potremmo dire di rimando a Feltri e a i nordisti che la pensano come lui, la medesima cosa per quanto riguarda: la cultura umanistica, l’arte, la letteratura, la convivialità, la generosità, la creatività, la tradizione culturale di antico retaggio, il senso della famiglia e molto altro ancora. Quindi non avendo il nostro Feltri concluso la frase, non è corretto interpretarla nel modo peggiore, facendo il processo all’intenzione. ”Inferiori” si presta essere coniugato con tutti questi concetti e non necessariamente con quello più negativo ed incompleto in cui immaginando arbitrariamente il significato, si arriverebbe alla “terribile” offesa. Non si può fare il processo alle intenzioni e in caso di dubbio come è noto, tanto meno non si può, condannare.
Nel mondo virtuale
Nell’attuale contesto in cui noi viviamo sempre più virtuale, dove il rapporto telematico sostituisce quello conviviale, prevale la violenza verbale a briglia sciolta che accompagna la nostra quotidianità attraverso le reti televisive. Ad esempio, nella trasmissione “Non è la corrida”, dove quel “Non” è sicuramente di troppo, si assiste talvolta a terribili linciaggi dell’invitato da parte degli ospiti di regia. Vi è gente tra questi ultimi che per meglio evidenziare gli improperi e le offese all’invitato di turno, mette persino le mani alla bocca a forma di megafono per meglio urlare il proprio disdegno con offese palesi. Ma nessuno se ne duole più di tanto, perché tutto fa spettacolo e anche l’invitato si adegua.
Ma vi è anche un’altra trasmissione: quella di Crozza, sicuramente peggiore per ciò che riguarda il dileggio alquanto cattivo, umiliante fino a toccare la dignità personale. Ma queste sono le caratteristiche che esprimono lo spirito dello spettacolo. La personificazione delle varie vittime del dileggio consente a Crozza di offendere pesantemente fino al disgusto, le vittime prese di mira per le quali il termine “inferiore” sarebbe come dare loro del ”Lei “.
C’è tra queste proprio il nostro Feltri, protagonista di quasi ogni trasmissione che ridicolizzato da Crozza, si esprime con parole alla rinfusa e fuori senso e anche fuori dignità. Parole che lo stesso Crozza pronuncia senza scrupoli, nel presupposto di poterlo fare in virtù della sua impunità mediatica. Così come continua a farlo e nessuno se la prende più di tanto.
In ultima analisi
Ma se il termine “inferiori” può offendere la collettività alla quale è genericamente indirizzato, chi può sentirsi più leso degli altri? L’ eventuale offesa arrecata, trattandosi di una valutazione soggettiva, rimane nell’ ambito personale di ciascuno.
A noi altri non resta che mettersi alla finestra per osservare chi, con quale coerenza e senso di equilibrio morale tra le varie rappresentazioni mediatiche, si sente così puro, così risentito e così presuntuosamente motivato, da voler assumere su di sé il peso delle “offese” altrui.