La politica territoriale senza una cabina di regia

di Rodolfo Violo

Le politiche regionali sono state frammentate in molti piani  di  settore  ma manca  una cabina di regia che ne assicuri il coordinamento. 

Non è un caso che le prime leggi regionali avessero previsto la formazione di documenti politico programmatici di  cui quello più importante sarebbe stato il Quadro di Riferimento  socio economico territoriale .

Ma nonostante si sia tentato per decenni di costruirlo  c ‘è stata sempre una forte resistenza da parte delle forze politiche di opposizione così che chi aveva il potere  ha pensato bene di eliminare il confronto .

Formulare ed approvare un quadro di riferimento oggi ,nelle modalitá che erano state stabilite nella L R 72/78  sarebbe troppo complicato ed  i tempi lunghi. necessari  a costruirlo lo renderebbero forse poco  utile  in una epoca in cui i cambiamenti  sono sempre più rapidi.

Nella regione Lazio esisteva anche l’ IRSPEL , Istituto per la programmazione economica che è stato soppresso . Tutto questo è stato sostituito con l’impegno a formulare programmi triennali che di fatto non vengono  mai formulati attraverso un confronto.

Risulterebbe invece efficace la spedita approvazione  di una nuova delibera programmatica  straordinaria analoga a quella  che era stata  approvata  dal Consiglio  regionale nel 1974 , quando ci si rese conto che bisognava dare delle direttive in tempi rapidi  per sanare i disequilibri evidenti tra le varie aree regionali . Allora si previdero le infrastrutture  mancanti  delle grandi aree di sviluppo industriale .

Oggi, però, si è ritenuto  che degli Indirizzi  programmatici di riferimento  se ne può  fare a meno.

Ció equivale  a comportarsi come se fosse possibile vivere alla giornata, improvvisando.
Ma una simile convinzione  è una pia illusione  Ma non è così. 

Da un lato perché  non siamo riusciti a riordinare il quadro amministrativo con una corretta riforma dell’articolo V della costituzione  ,dalla altro per il fatto che abbiamo creato una totale deregulation. 

La globalizzazione  ci ha fatto illudere  che programmare  oggi non serva perché tutto
viene deciso lontano dai territori.  Ma non è  così.  Sono tanti gli aspetti che riguardano il corretto governo dei territori, sui quali bisogna  intervenire,  non solo monitorando quanto sta avvenendo, ma anche  guardando al futuro con previdenza  e lungimiranza.

Nonostante che  oggi la tecnologia ci metta a disposizione maggiori informazioni di quante ne avevamo nel passato ,  la disposizione dalla tecnologia è  rimasta arretrata in fatto di razionalità. 
Nonostante che nel primo ventennio trascorso dalla istituzione della Regione Lazio si fossero fatti molti sforzi per definire e aggiornare un quadro di riferimento territoriale in seguito ed improvvisamente a partire dagli anni novanta , ed a tutti i livelli si è rinunciato ad ogni forma di programmazione  e si è diffusa l’idea che si potesse fare a meno della pianificazione della  tutela dell’ ambiente , del paesaggio, che sono importanti quanto l’economia e  l’ assetto del
territorio.  E’ necessaria, invece, una visione ampia, che richiede cultura e ricerca . 
Ed invece di dare priorità agli investimenti necessari a far crescere il
Paese,  abbiamo costruito una società Nife  che vive di estemporaneità.

Si  tende ad essere  sbrigativi  ,si vola basso. Si preferisce fare regalie  invece di costruire infrastrutture e servizi .

Di fatto, senza un disegno od una strategia generale qualsiasi proposta riguardante aspetti settoriali resta separata,  senza riferimenti. 
Pertanto può diventare,  invece che  costruttivamente  positiva, conflittuale con altri aspetti.

Spesso iniziative dei singoli assessori  slegate da un documento programmatico  possono costituire un ulteriore strumento di vincolo che si va a sovrapporre , ad altre iniziative.

In tutte le attività e necessario un coordinamento. 
Ogni  contributo  deve essere riferito e relazionato ad un  organico e razionale disegno  di sviluppo generale . 

Ambiente. Territorio,  paesaggio, sono una unica realtà.

È un forte limite culturale  trattare i vari problemi separatamente .

La pianificazione territoriale ha  perso il suo significato originario ,quello  che le era stato conferito nella legge urbanistica del 1942 e che vedeva i piani territoriali di coordinamento  previsti
all’articolo 5 ,al vertice di un sistema di pianificazione a cascata .
Questo sistema  razionale per una epoca in cui la realtà socio economica si trasformava  con  relativa lentezza  si è rivelato nel tempo troppo rigido.

Serve tuttavia un documento programmatico che fissi le direttive per lo sviluppo e l’assetto  del territorio e che  contenga  direttive per la  risoluzione delle questioni ambientali che devono essere  poste ormai soltanto ad  un livello interregionale e nella logica di un serio sviluppo.

Sono trascorsi quaranta anni durante i quali non solo la realtà locale  è cambiata ma l’ economia  ed il mondo è entrato nell’era della globalizzazione .

Si è formata  nel frattempo un’ Europa che da sei è passata a quindici e poi ventotto paesi alle  cui direttive siamo obbligati a rispondere.

Solo con tale dimensione possono essere disegnate le  grandi reti infrastrutturali, per poter essere gestite gli equilibri  idrogeologici  e piani di sicurezza adeguati.
Va ormai realizzata una nuova distribuzione delle competenze  dei vari enti.
La riforma dell’ articolo V,  parte seconda ,della Costituzione  non ha trovato una sua compiutezza. 
Con l’emanazione della l. 7.4.2014, n. 56 trova conferma il contenuto sostanziale dei decreti ritenuti costituzionalmente illegittimi; la normativa costituisce, infatti, il tentativo di anticipare a livello di legislazione ordinaria – secondo una possibilità non esclusa dalla sentenza della Corte costituzionale – una sistematica riforma dell’ordinamento degli enti locali e quindi i probabili esiti della futura, ed annunciata, riforma della carta fondamentale.
L’intervento legislativo si caratterizza per la provvisorietà della disciplina, pervasa di contenuti transitori, sia rispetto alla riallocazione delle funzioni tra i nuovi enti di area vasta (Province e Città metropolitane), sia rispetto ai tempi e ai meccanismi procedurali che dovranno scandire l’attuazione della riforma.
Per quanto riguarda direttamente le Province, queste ultime resterebbero.

Le Province,  secondo la legge  17 Aprile  2014 non  sarebbero dovute esistere più,  ma continuano ad operare  come enti di area vasta, titolari prevalentemente di funzioni di coordinamento e di indirizzo essenziale (pianificazione territoriale provinciale d’intesa con i Comuni – delle funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio) a differenza di quanto veniva disposto dall’art. 17, d.l. n. 95/2012.
In realtà  nemmeno le competenze delle città  metropolitane sono ben definite. 
Probabilmente sono necessarie delle nuove autorità di livello  sovra regionale .

Definito il quadro istituzionale ,delineato un quadro programmatico.  diviene  ormai necessario  riconoscere che di fatto si è ormai consolidata  una realtà  interregionale, costituita da molte città e da circa venti milioni di abitanti . Dunque,sarebbe di conseguenza necessario abbracciare  l’idea che si debba guardare  alla megalopoli dell’Italia centrale ,come lo spazio geografico  entro il quale è indispensabile far funzionare razionalmente le grandi infrastrutture e di servizi di livello superiore.

Nel contempo,  mentre la pianificazione territoriale fa un salto di scala elevandosi ad un livello strutturale ,sarà opportuno lasciare le decisioni  riguardanti  l ‘uso del territorio  locale ai piani regolatori comunali  ,dando facoltà ai comuni  di decidere  delle sorti del loro territorio  Quando i comuni sono troppo grandi è necessario stabilire una corretta dimensione delle municipalità. Occorre, inoltre,  raggruppare, soprattutto ai fini di una migliore economia  nella gestione dei servizi, i comuni troppo piccoli.

Tutti gli enti  di qualsiasi  livello, ormai,  nel momento in cui avviano un progetto od un piano  ,sono obbligati  ad avviare la procedura vas, cioè a rendere obbligatoria sia la motivazione delle scelte  che le forme di partecipazione alla assunzione delle stesse.

Per questo è necessario che tutte le informazioni siano contenute in un sistema  informativo  completo aggiornato  trasparente e facilmente accessibile da chiunque.

Nella formazione di questi  strumenti locali è compito dei comuni  stabilire nelle varie zone una disciplina  appropriata  per ogni tipo di attività e di destinazione ,anche per le zone ove è stata istituita un area naturale protetta , ridimensionando i contenuti dei relativi piani di gestione dei parchi e delle riserve naturali .

infatti la  L U stabilisce che i piani regolatori comunali vadano estesi all’ intero territorio comunale. L ‘esclusione di parti del territorio comunale dalla pianificazione urbanistica  demandando questa ad un altro ente  ovvero ad un ente di gestione di un area protetta  espropria  di fatto il comune della sua piena autonomia  e sostituisce al piano urbanistico comunale un piano che  avrebbe ben altre  finalità quelle appunto di tutelare la flora e la fauna

E logico che la pianificazione  debba avvenire  con riferimento ad  uno o più
documenti programmatici di area vasta : un documento programmatico regionale
che sia in coerenza con quello della città metropolitana , e che di fatto  rimetta in discussione  il
PTPR e la sua ambiguità dando linee chiare per la formazione dei piani regolatori locali -un quadro  inter regionale  di riferimento  concordato  tra  Stato e le regioni  interessate .

Sul piano legislativo va riscritta la L R  Lazio 38/99.
Sarebbe peraltro opportuno mettere in coerenza le varie leggi regionali  che  dovrebbero avere  una impostazione di comune riferimento alla legge urbanistica nazionale.

È palese che all’epoca in cui fu scritta  ,ci si riferiva ad un contesto
territoriale molto diverso in cui la città era nettamente separata dalla campagna.
La legge regionale del Lazio n 38 /99, dal canto suo, era già ritenuta da alcuni ormai desueta perché da un lato ancora  troppo ancorata alla legge 1150 del 42  e perché dall’altro introduceva  innovazioni, prendendo atto della pianificazione complessa introdotta nei primi anni novanta dalle leggi dello stato riguardanti la riqualificazione urbana e la pianificazione sostenibile  Quella che sembrava una via per  la semplificazione  delle procedure di approvazione degli strumenti urbanistici  è risultata una ulteriore  complicazione .

Restano ,peraltro, poco chiari i rapporti con le province a causa della mancata riforma dell’ art V della Costituzione. 
Finché le competenze non saranno  stabilmente definite, è bene che le competenze istruttorie  per le varianti ai piani regolatori  restino alle regioni  e che siano restituite ai comitati tecnici regionali che erano già del  consiglio superiore dei lavori pubblici prima della istituzione delle regioni.

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