L’ultimo quadro di André Derain divenuto un gioco di emozione tra privati
Quando la sensibilità della pubblica amministrazione declina l’interesse di un’opera d’arte, non manca la creatività per un diverso sfruttamento
di Alberto Zei
Emotività e valore
Si dice che l’espressione e la valenza di una rappresentazione dell’arte sia attribuibile non già all’emozione che questa genera agli osservatori ma al significato che la stessa opera esprime a chi riesce ad interpretarla.
Quando si tratta di realizzazioni pittoriche di André Derain le opinioni possono essere discordanti in quanto nella sua continua riproposizione dello stile e quindi del significato che egli ha voluto attribuire alle sue creazioni, la sensibilità interpretativa nel tempo e nei contenuti ha mutato assumendo un significato obiettivo più o meno condiviso
Come è noto, gli estimatori d’arte e per molte altre persone che non hanno difficoltà a interpretare la linea artistica innovativa di Derain nel filone delle sue opere nel corso della intera vita, ritengono che il rapido discostarsi dalle linee pittoriche da lui stesso create abbiano caratterizzato per diversi anni dell’inizio del secolo scorso la continua sua originale produzione.
Questo ha però dato modo a certi suoi pittori amici come Matisse e Van Gogh di criticarlo in quanto anziché continuare il ciclo evolutivo della ricerca espressiva con la pittura che lo caratterizzava, talvolta si soffermava sulle impronte pittoriche piuttosto neoclassiche tipiche di quadri che in quel periodo dipingeva.
Il cambiamento
La stasi artistica di Derain è stata avvertita dall’avanguardia pittorica che aveva aderito al tipico stile delle “fauves” ossia delle belve, denominato in italiano “Fauvismo” era stata avvertita come un di tradimento culturale del suo continuo divenire. Derain infatti fin dall’inizio del nuovo stile si era progressivamente scostato dalla violenza dei tratti cromatici tipici del fauvismo, adottando colori più morbidi e progressivamente più aderenti alle opere di maggiore classicismo. Derain rimase quel fedele alla tecnica del fauvismo allorquando dipingeva suoi ritratti.
È proprio in uno di questi periodi tra le due guerre che Derain non sa resistere alla contrarietà dei cambiamenti artistici creati da altri pittori d’avanguardia, ritenendo un po’ per narcisismo a dire il vero, che le sue ultime creazioni di stile in coerenza a quanto prima gli era stato attribuito, rappresentassero l’evoluzione pittorica da cui soltanto lui stesso si considerava l’ideatore, tanto da averne una sorta di “patria potestà”.
Si è visto dalla corrispondenza con i suoi più intimi amici che si erano recati in luoghi diversi e che si erano adeguati ad uno stile pittorico più remunerativo che la fede di Derain delle proprie idee non si adeguava sufficientemente al cambiamento. Già dall’inizio secolo lo stile delle “fauves” era stato sopraffatto prima dal cubismo e poi dal futurismo e dai suoi stili derivati. Nel tempo del gradimento artistico la grande rivoluzione industriale del movimento e della velocità era rappresentata all’epoca in tutte le salse da apprezzati autori come ………
L’arte creativa al servizio della società intravedeva tra le due guerre, soprattutto dopo la Grande depressione del 29, un ritorno al neoclassico espresso anche da una parvenza della storia tradizionale della civiltà europea. Derain prigioniero della sua ostinazione, riteneva che le opere artistiche dovessero prescindere dalla realtà sociale, offrendo all’arte la creatività che esse stesse esprimevano attraverso il valore obiettivo alla luce del loro significato.
Le condizioni di Derain anche dal punto di vista economico, seguono la valle della “grande depressione” il riconoscimento creativo che qualche anno prima aveva caratterizzato la sua arte, erano divenute soprattutto un ricordo.
Il gioco della proprietà
Il proprietario del dipinto è solito allestire nella propria abitazione nel cuore della Roma romantica incontri tra amici e intenditori d’arte per mostrare il quadro come un ulteriore inaspettata conferma dell’estro creativo di Derain.
In queste circostanze ha usato anche una sorta di accortezza per conferire durante la presentazione del quadro una maggiore percezione degli effetti emozionali degli ospiti, attraverso un’efficace gioco di luce tale da conferire con la progressione della luminosità nel buio della stanza in cui il quadro si trova, una condizione di attesa di ciò che la residua oscurità non consentiva distinguere sufficientemente. Trascorso un breve tempo di pausa, ecco che appare di colpo un’intensa luce sul dipinto in cui si concentra la sensazione emotiva degli ospiti.
In questo modo, dopo la progressiva aspettativa degli osservatori, con l’improvvisa visione del quadro viene raggiunto lo stato di sorpresa. Si tratta di uno stato emozionale non indifferente che sorprende dal profondo per la improvvisa chiara visione del dipinto. Ecco che alcuni di questi osservatori vengono turbati al punto da ritenere che il loro stato emozionale sia la sindrome di Stendhal. Tutto ciò ad avviso dello scrivente, non depone per una obiettiva stima del valore di un’opera artistica quando questa è condizionata da reazioni emotive favorevoli all’opera stessa in quanto, come detto prima, la valenza di una rappresentazione artistica non deve essere attribuibile all’emozione che questa genera agli osservatori mal al significato che la stessa opera esprime a chi riesce ad interpretarla. Si pensi a tal proposito, ai quadri patriottici, religiosi, sociali significativi dei nostri momenti migliori.
Il contenuto recondito del quadro
Derain nel quadro di Roosevelt ha messo in relazione lo stile risoluto ma disueto del periodo delle “belve” con le condizioni per le quali lo stesso Presidente lanciava alla nazione il proclama che l’arte americana riconosceva come opera creativa di valore universale aggiunto, tutte le manifestazioni artistiche che in quanto tali hanno rango cultura espressiva e creativa per tutta l’umanità.
Se questo proclama aveva per il Presidente soprattutto la funzione di creare valore aggiunto al fine di far uscire l’America dalla gravissima crisi finanziaria del 1929’ che nel 1935 ancora imperversava creando dal nulla a tutte le espressioni d’arte un valore sopravveniente, per Derain rappresentava il riconoscimento fin allora disconosciuto delle proprie opere nel periodo in cui cerca di adeguarsi al cambiamento artistico della metà del secolo. Derain era molto grato a Roosevelt cui era un convinto ammiratore tale da dedicargli dietro il ritratto le le parole pronunciate al mondo intero congresso USA del 6 gennaio 1942 durante la sua presidenza. “Noi lottiamo per la sicurezza e per il progresso e per la pace, non soltanto per la nostra ma per quella di tutti gli uomini, non per una generazione ma per tutte le generazioni”.
Convergenza delle circostanze
Derain stava dipingendo il quadro probabilmente a fine guerra per consegnarlo allo stesso Roosevelt, poiché il quadro non risulta completato in quanto manca la firma dell’autore e di una cornice adeguata ad un quadro finito. Si presume che l’interruzione del quadro dell’abbandono dell’iniziativa di consegnarlo direttamente nelle mani dello stesso Roosevelt sia dovuto alla morte dello stesso presidente nell’aprile del 1945 poco prima che gli USA terminassero a seconda guerra mondiale con la vittoria.
Per il quadro di cui si tratta, a seguito delle indagini esperite precedentemente sull’autore chiaramente riconoscibile in André Derain, non si escluderebbero eventuali ulteriori approfondimenti semantici e semiotici per fugare ogni ulteriore incompleto convincimento. In tal caso sarebbe di gran lunga preferibile che un’opera di così convergenti espressioni storiche e culturali possa essere esposta in pubblico, non per creare la sindrome di Stendhal, ma per mettere insieme cultura, storia, arte, “creazione del valore” senza eccessivo dispendio di investimenti, così come il Presidente Franklin Delano Roosevelt seppe dare attraverso l’arte, alla ripresa economica dalla “grande depressione”, all’America e al mondo.