Tutta (falsa) misericordia e (falsa) sinodalità, la chiesa liquida bergogliana dissolve la dottrina e la fede stessa. Intervista a don Davide Pagliarani su dieci anni devastanti

di Aldo Maria Valli

Cari amici di Duc in altum, nel pubblicare questa intervista al superiore della Fraternità sacerdotale San Pio X, don Davide Pagliarani, sento la necessità di una premessa. Vi chiedo di leggere l’intervista con lo sguardo e l’animo sgombri da pregiudiziali di tipo legalistico. Non state a lambiccarvi sulla situazione canonica della Fraternità: guardate ai contenuti. Per quanto mi riguarda, condivido pienamente l’analisi di don Pagliarani. Questo fa di me un lefebvriano? Non lo so e sinceramente la questione non mi interessa. Non so neppure se e in che in modo un laico può eventualmente diventare lefebvriano con il timbro sopra. Ciò che mi sta a cuore è la fede, e trovo che l’analisi di don Pagliarani sia una delle più lucide che si trovino in circolazione in questo momento di totale sbandamento e confusione dilagante. Tutto ciò vale anche come risposta a chi mi ha scritto esprimendo preoccupazione (nel migliore dei casi) perché ho collaborato alla realizzazione del libro parole chiare sulla Chiesa scritto da un sacerdote della FSSPX. L’ho fatto perché in quel libro c’è amore per la santa Chiesa, c’è rispetto della tradizione e c’è tanto buon senso. Il mio consiglio, in tutta semplicità e amicizia, è di non preoccuparvi delle etichette da appiccicare sopra le persone. Guardate alle idee.

A.M.V.

***  

Reverendo Padre Superiore, Papa Francesco ha recentemente celebrato i dieci del suo pontificato. Qual è, secondo lei, il punto che ha segnato particolarmente questi ultimi anni?

Dopo le ultime idee centrali ed ispiratrici che furono la misericordia, intesa come “amnistia universale”, e la nuova morale di stampo ecologista fondata sul rispetto della Terra come “casa comune del genere umano”, è innegabile che questi ultimi anni siano stati caratterizzati dall’idea della sinodalità. Non si tratta di un’idea totalmente nuova [1], ma Papa Francesco ne ha fatto l’asse portante del suo pontificato.

Si tratta di un’idea talmente onnipresente che a volte si finisce per perdere interesse verso di essa, mentre in realtà rappresenta la quintessenza di un modernismo completo e maturo. Da un punto di vista ecclesiologico, la rivoluzione sinodale dovrebbe segnare e trasformare profondamente la Chiesa nella sua struttura gerarchica, nel suo funzionamento, e soprattutto nell’insegnamento della fede.

Per quali ragioni si è arrivati al disinteresse nei confronti della sinodalità?

Si è forse vista questa questione soprattutto come un problema tedesco o, fatte le debite proporzioni, come un problema belga, e se ne è persa di vista la dimensione più universale. Certo, i tedeschi giocano un ruolo particolare nel processo sinodale, ma il problema posto è un problema romano, e quindi universale. In altri termini, riguarda l’intera Chiesa.

Come definirebbe questo processo sinodale?

Questo processo è innanzitutto una realtà concreta, più che una dottrina predefinita. È un metodo confuso, o meglio ancora una “prassi”, che è stata messa in moto senza che se ne conoscano tutti i possibili punti di arrivo. Concretamente, si tratta di una volontà determinata di far funzionare la Chiesa al contrario. La Chiesa docente non si concepisce più come depositaria di una Rivelazione che proviene da Dio e di cui è custode, ma come un gruppo di vescovi associati al Papa che è all’ascolto dei fedeli, e in particolare all’ascolto di tutte le periferie, cioè con un’attenzione particolare a quanto possono suggerire le anime più lontane. Una Chiesa dove il pastore diventa pecora e la pecora diventa pastore.

L’idea sottointesa è che Dio non si rivela attraverso i canali tradizionali che sono la Sacra Scrittura e la Tradizione, custoditi dalla gerarchia, ma attraverso “l’esperienza del popolo di Dio”. Per questo il processo sinodale è iniziato con una consultazione dei fedeli delle diocesi del mondo intero. A partire da questi dati si sono stabilite delle sintesi a livello delle conferenze episcopali, per arrivare a una prima sintesi romana pubblicata qualche mese fa.

Qual è la portata di questa idea per cui Dio si rivela e fa conoscere la sua volontà attraverso l’esperienza del popolo di Dio?

Questa idea è la base stessa di tutto l’edificio modernista. San Pio X costruisce tutta l’enciclica Pascendi a partire dalla denuncia di questa falsa idea di Rivelazione. Se, invece di riferirsi alla Sacra Scrittura e alla Tradizione, si riduce la fede a un’esperienza – prima individuale, poi comunitaria una volta condivisa – allora si apre il contenuto della fede, e per conseguenza la costituzione della Chiesa, a ogni sorta di possibili evoluzioni. Un’esperienza è per definizione legata a un momento, a un periodo: è una realtà che si produce nel tempo e nella storia e che è dunque per essenza evolutiva. Così come la vita di ciascuno di noi contiene un movimento, ed in conseguenza evolve.

Una simile fede-esperienza, destinata necessariamente a evolvere secondo le sensibilità e le necessità dei diversi momenti della storia, “si arricchisce” continuamente di nuovi contenuti, e al tempo stesso mette da parte ciò che non è più attuale. Così la fede diventa una realtà piuttosto umana, legata a contingenze sempre nuove e mutevoli, come la storia dell’umanità. Alla lunga, non resta più granché di eterno, di trascendente, di immutabile. Se si parla ancora di Dio e della Chiesa, queste due realtà finiscono per essere la proiezione di ciò che l’esperienza può sentire hic et nunc. Questi due termini, con tutti gli altri elementi dogmatici della nostra fede, sono irrimediabilmente alterati nel loro senso e nella loro autentica portata: sono a poco a poco riassorbiti nel flusso di ciò che è semplicemente terrestre e mutevole. Il loro significato evolve con l’umanità e l’esperienza che essa fa di Dio. Non è un’idea nuova, ma il processo sinodale ne rappresenta un compimento nuovo per ampiezza e profondità.

Che cosa ci può dire di questa “sintesi romana” che ha evocato?

Si tratta di un testo pubblicato nell’ottobre 2022 e intitolato Allarga lo spazio della tua tenda. È un documento di lavoro elaborato per la riflessione dei vescovi nella tappa continentale del cammino sinodale, cioè per i vescovi riuniti a livello dei rispettivi continenti [2]. Questa sintesi è presentata come l’espressione del sensus fidei dei fedeli, ed è raccomandato ai vescovi di leggerla nella preghiera, «con gli occhi del discepolo, che [la] riconosce come la testimonianza di un percorso di conversione verso una Chiesa sinodale che impara dall’ascolto come rinnovare la propria missione evangelizzatrice [3]». Si suppone dunque che sia a partire da questa presunta espressione del senso della fede dei fedeli che i pastori tirino le conseguenze e prendano le decisioni finali.

Ora, il contenuto di questo testo, i suggerimenti che contiene, sono un disastro dall’inizio alla fine. Non c’è praticamente nulla che possa essere considerato come espressione della fede cattolica: la maggior parte dei suggerimenti auspica piuttosto una dissoluzione della Chiesa in una realtà completamente nuova. Si può al limite capire che dei fedeli, ed anche dei preti, soprattutto oggi, possano affermare delle cose strane, ma è assolutamente inconcepibile che simili propositi siano stati conservati nella sintesi realizzata dal Segretariato generale del Sinodo in Vaticano.

Ci sono passaggi di questa sintesi che l’hanno particolarmente colpita?

Ahimè, la maggior parte dei passaggi sono spaventosi, ma ce ne sono due che mi sembrano esprimere bene tutto il documento e, in particolare, la volontà di cambiare, attraverso il Sinodo, l’essenza stessa della Chiesa. Innanzitutto, riguardo l’autorità, si preconizza esplicitamente il riconoscimento di una Chiesa che funzioni all’inverso, nella quale la Chiesa docente non abbia più niente da insegnare: «È importante costruire un modello istituzionale sinodale come paradigma ecclesiale di destrutturazione del potere piramidale che privilegia le gestioni unipersonali. L’unica autorità legittima nella Chiesa deve essere quella dell’amore e del servizio, seguendo l’esempio del Signore [4]».

Qui, ci si chiede se ci si trova in presenza di un’eresia o, semplicemente, di un nulla che non si riesce nemmeno a qualificare. L’eretico, in effetti, “crede” ancora in qualcosa, e può avere ancora un’idea della Chiesa, benché deformata. Qui siamo in presenza di un’idea di Chiesa non solo vaga ma, per riprendere un termine alla moda, “liquida”. In altri termini, si preconizza una Chiesa senza dottrina, senza dogma, senza fede, nella quale non ci sarebbe più bisogno di un’autorità che insegni alcunché. Tutto è dissolto in uno spirito di amore e servizio, senza chiedersi troppo a cosa corrisponda tutto questo – ammesso che corrisponda a qualcosa – e dove porti.

Lei ha menzionato un secondo passaggio che l’ha particolarmente colpita…

In effetti, un secondo passaggio mi sembra riassumere bene lo spirito dell’insieme del testo, e allo stesso tempo, il sentire caratteristico di questi ultimi anni di pontificato: «Il mondo ha bisogno di una “Chiesa in uscita”, che rifiuta la divisione tra credenti e non credenti, che rivolge lo sguardo all’umanità e le offre, più che una dottrina o una strategia, un’esperienza di salvezza, un “traboccamento del dono” che risponda al grido dell’umanità e della natura [5]». Sono convinto che questa breve frase racchiuda un significato e una portata molto più profondi di quanto appaia di primo acchito.

Il fatto di rigettare la distinzione tra credenti e non-credenti è certamente folle, ma logico nel contesto attuale: se la fede non è più una realtà autenticamente soprannaturale, la Chiesa stessa, che la dovrebbe custodire e predicare, altera la sua ragion d’essere e la sua missione presso gli uomini. In effetti, se la fede è solo un’esperienza tra le altre, non si vede perché debba essere la migliore, né perché la si debba imporre universalmente. In altri termini, un’esperienza-sentimento non può corrispondere a una verità assoluta: il suo valore è quello di un’opinione particolare, che non può più essere la verità nel senso tradizionale del termine. Si finisce allora logicamente nel rifiuto di distinguere tra credenti e non-credenti. Resta solo l’umanità, con le sue attese, le sue opinioni e le sue grida, che in quanto tali non postulano nulla di soprannaturale.

La Chiesa offre così all’umanità un insegnamento che non corrisponde più alla trasmissione di una Rivelazione trascendente. Si trova ridotta a proporre un “vangelo” diminuito, naturalizzato, semplice libro di riflessione e consolazione adattato indistintamente a tutti. In questa prospettiva, si capisce come la nuova teologia e la nuova morale ecologista proposta da Laudato si’ si offrano a un’umanità che non si vuole più convertire, e nella quale non si fa più distinzione tra credenti e non-credenti.

l'ECONOMICO

L'Economico, il primo quotidiano Social Network, sviscera in anteprima notizie di sanità, economia, politica argomenti che i mass media oscurano. La testata è aggiornata, e presenta al suo interno un portale in grado di offrire servizi.

Lascia un commento