Napolitano il veleno del cobra sul voto ai comuni
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Pensavamo di esserci liberati di Giorgio Napolitano, invece spunta sempre quando meno ci si aspetta, come quelle erbacce cattive che non riesci mai ad estirpare e deturpano il giardino. L’ex Presidente della Repubblica ha pensato bene di intervenire, e non si sa a quale titolo, sul tema del referendum contro le Trivelle, appoggiando la linea di Renzi che invitava all’astensionismo. Diciamolo: non è esattamente un bell’esempio di democrazia. Ma Re Giorgio ci ha abituato a questo ed altro e, forse in pochi lo sanno, è stato definito dalla prestigiosa London Review of Book “un ex fascista pericoloso per la democrazia“. Giorgio Napolitano è una vera minaccia per la democrazia italiana. Altro che il salvatore della patria, altro che “roccia su cui fondare la Terza Repubblica”, come scrivono e hanno sempre scritto i pennivendoli di fiducia. Napolitano è una pericolosa anomalia, un politico che ha costruito tutta la carriera su un principio: stare sempre dalla parte del vincitore“. A cominciare da un fatto incontrovertibile, che pochi conoscono e che potrebbe scatenare un putiferio: da studente Napolitano ha aderito al GUF, il Gruppo Universitario Fascista. Lo ha frequentato il tempo necessario per capire che l’aria stava cambiando e bisognava prendere le contromisure: salto della quaglia et voilà, Napolitano diventa comunista sfegatato, plaudendo all’intervento sovietico in Ungheria e asserendo che “solo i folli e i faziosi possono davvero credere allo spettro dello stalinismo“. Negli anni Settanta diviene “”il comunista favorito di Kissinger“, visto che il nuovo potere da coltivare sono ora gli Stati Uniti.
Ma il meglio, anzi il peggio di sé, Napolitano, lo offre proprio da presidente della Repubblica: “Nel 2008 firma il lodo Alfano, che ‘garantisce a Berlusconi come primo ministro e a lui stesso come presidente l’immunità giudiziaria’. Il lodo verrà dichiarato poi incostituzionale e trasformato nel 2010 nel ‘legittimo impedimento’, anch’esso dichiarato incostituzionale nel 2011“. E poi una sequenza inarrivabile per dispotismo, autocrazia e violazioni di norme elementari: dal mancato scioglimento delle Camere nel 2008, all’entrata in guerra contro la Libia del 2011 (scavalcando la costituzione, senza un voto parlamentare e violando un trattato di non aggressione), passando per le trame con Monti e Passera per sostituire Berlusconi. Per non parlare, della vicenda della rielezione al secondo mandato (“a 87 anni, battuto solo da Mugabe, Peres e dal moribondo re saudita“) e del siluramento del “nipotino” Letta da presidente del Consiglio, sostituito dal “favorito” Renzi, senza passare per le urne. E per finire, come un macigno sopra la testa di Re Giorgio, pesa il caso Mancino, e la richiesta di impeachment da parte di Salvatore Borsellino e 5 Stelle (fascicolo mai aperto). La risposta del nostro presidente fu l’invocazione della totale immunità nella trattativa Stato-mafia.