Renzi pressing sul voto. Il mistero della villa, e quegli spari…
Renzi accelera con l’Italicum uscito zoppo dalla Corte Costituzionale, ed applicabile anche al Senato. L’importante è far presto. Grillo, Salvini, e la Meloni sono dello stesso avviso, Berlusconi, invece frena. Quali i retroscena? Renzi punta a suo dire, sulla maretta interna al M5S dopo il voltafaccia a Bruxelles. Grillo sostiene l’uscita dall’Euro, poi prova ad allearsi con chi ne è un forte sostenitore. Strana mossa, quella, non si fino a che punto azzeccata. La base è scontenta per non essere stata avvisata per tempo sull’accordo di massima col presidente Alde, poi saltato, e la richiesta di voto on line giunta al buio, senza che nessuno potesse documentarsi con dovizia. Poi, c’è il caso Raggi montato dai media, ma in ogni caso generatore d’inevitabile confusione ai confini del movimento e zone limitrofe. A destra le cose non vanno meglio, da un lato il sempre opportunista Salvini, e Meloni alleati, forse anche con il placet del Governatore della Liguria, dall’altro un Berlusconi immobile, che riesuma, udite, udite l’Umbertone Bossi. Fitto naviga a vista. Insomma, un’armata Brancaleone, come quella descritta nel film. Non si va lontano. Ed ora che l’Europa ci chiede 3,4 miliardi per rattoppare conti dissestati, occorrerà un surplus di sacrifici; aumento delle accise su tabacchi e prodotti petroliferi, oltre a tagli di spesa orizzontali, come aperitivo. E Renzi sa anche, che presto arriverà la stangata della patrimoniale su case e c/c bancari. Se le elezioni dovessero slittare, per il Pd sarebbe un grosso grattacapo. Intanto un nuovo congresso dagli esiti incerti, e una possibile scissione. Ma in tanto pensare ci si dimentica di molte cose, ad esempio aumentare le tasse sui giochi d’azzardo o riaprire le case chiuse, che nei paesi del Nord Europa rendono diversi miliardi l’anno. Intanto, però, i 20 mld per salvare le banche in crisi si son trovati, mentre poveri e terremotati non vedono un solo euro giungere nelle loro tasche. Ci sono varie raccolte, sponsorizzate dalla Rai, ma fino ad ora all’incasso sono passate solo le banche, in testa Mps. Ma non finisce qui.
L’attenzione sarebbe puntata in modo particolare sulla ristrutturazione alla villa di Renzi, di cui proprio Bacci si occupò nel 2004. Che fine hanno fatto le fatture relative ai lavori? Fonti vicine a chi indaga fanno sapere che non si troverebbero. Il dubbio è quindi lecito: sono semplicemente sfuggite a un occhio attento o l’imprenditore ha fatto le manutenzioni alla casa dell’amico gratis o al nero? C’è chi in passato ha avuto guai per essersi fatto installare una parabola senza pagare la manodopera, figuriamoci se si parla della ristrutturazione di un’intera villa. Peraltro, sono anche al vaglio i legami di Bacci con ambienti connessi con la malavita locale. Quegli spari prima alla sua auto, poi a un cartello della Ab Florence, azienda di pelletteria da 130 dipendenti di proprietà dell’uomo, fanno sorgere molti dubbi. La notizia, comunque, è passata quasi sotto silenzio ed è stata riportata da pochi quotidiani, per lo più locali. Se fosse accaduto in Sicilia o in Calabria, con ogni probabilità, sarebbero partite indagini della Dia, ma nel Granducato, terra comunque in cui le infiltrazioni di cosche mafiose sono comprovate, l’attenzione è rimasta puntata solo sugli spari. L’amicizia con l’ex premier risale ai tempi in cui lo stesso era presidente della Provincia e, quindi, sindaco. Bacci deteneva, infatti, una quota della Nikila invest, che possedeva il 40 per cento della Party, società al cui vertice c’era Tiziano Renzi, padre del politico, al quale lo stesso prestò 75mila euro, assieme ad altre persone, per riscattare l’ipoteca sulla casa. Fu proprio Matteo Renzi a nominare l’imprenditore nel cda della Centrale del latte di Firenze, la Mukki e in altre partecipate.