Uomo e donna; l’unione degli opposti. L’atavico conflitto
Uomo e donna estranei. Si darà colpa a ruoli confusi, a volte sovrapposti, all’abrogazione indissolubile del matrimonio, con tutto ciò che ne è conseguito, valanga dirompente che ha travolto affetti e sentimenti, ed ha beatificato il consumismo sfrenato. Ed è qui che si spezza la corda. La nostra psiche tende all’unione degli opposti, il taoismo e le varie filosofie ci hanno insegnato che nella nostra testa, così come nel mondo vigono delle antinomie. Cosa sono? il bianco e il nero, il freddo e il caldo, l’uomo e la donna. I contrari si attraggono, qualcuno dice, e in fondo il buon senso popolare non sbaglia perché in effetti c’è un principio psichico che porta a unire in modo armonioso i contrari. Questo deve accadere anche per il concetto di uomo e donna. L’unione uomo donna non è solo fisica, per buona pace e gloria del piacere e del buon vecchio amore, ma anche mentale. Ognuno di noi ha una controparte sessuale interiorizzata. Gli uomini hanno l’Anima, le donne l’Animus da non confondere con i concetti cattolici. Questi due archetipi ma potremmo chiamarle anche immagini interiorizzate, sono la sedimentazione di tutte le esperienze del femminile o maschile che abbiamo fatto nella vita e sono anche costruite da immagini universali. Nel libro antichissimo dell’I-Ching l’uomo è fecondante, la donna il recettivo. Maschilismo? No, se si pensa che l’essere recettivi, un grembo che accoglie, serve anche all’uomo e se si pensa anche che essere proattive serve alle donne per emanciparsi dal vecchio ruolo di nume tutelare del focolare.
Un tempo vigeva il matriarcato e il re Paredro, un giovinetto di solito, che veniva ucciso con rituali sacrificali; poi l’uomo si rese conto che Gea, la madre terra non si auto fecondava, sono arrivati gli indoeuropei e si sono inventati che Atena, la vecchia Sòfia, la saggezza, fosse nata per partenogenesi da Zeus. Questo sta a dimostrare come studi di prestigiosi mitologi e storici della religione, evidenzino come il principio maschile e quello femminile convivono da secoli non senza scontri ma anche con un gran senso sano di incontro. Gli oracoli un tempo avvenivano negli Onfalos ovvero nei posti, come Delfi, dove la roccia aveva delle fenditure , metafora della vagina e del sotterraneo femminile, gravido di saggezza. Quando la religione è diventata appannaggio del principio uranico le divinità femminili hanno perso forza, ma neppure più di tanto se si pensa che alla dea madre è comunque subentrata la Madonna. Però c’è un distinguo: se nella mitologia e religione arcaica c’erano divinità femminili integrate, cioè con caratteristiche anche maschili come Atena o Diana, dal cristianesimo in poi questo concetto sbiadisce e la donna diventa sottomessa. In un bellissimo saggio “Le dee dentro la donna”, si invita il femminile all’integrazione della controparte maschile.
Questo integrare il maschile deve farlo la donna così come l’uomo deve integrare il femminile: avere idee arcaiche e arrugginite sull’altro sesso può stimolare discussioni da bar ma ci fa perdere entrambi. Fissarsi ad uno stato arcaico di dicotomia Uomo/Donna induce a monopolizzare in senso malato la relazione affettiva. Portare il discorso alla diatriba e opposizione è pernicioso e sbagliato a livello di sanità mentale e anche sociale. L’uomo e la donna devono riconoscersi profondamente, per amare dobbiamo abdicare al nostro Io, così affamato di potere ed entrare nel concetto di noi. Amare è perdersi nell’altro, specchiarsi in esso e per questo Grossman scrive : “amore è il fatto che tu sei per me il coltello col quale frugo dentro me”. Scoprire l’altro con le sue diversità, farlo entrare dentro di noi con coraggio, di questo si parla nella relazione uomo/donna. Innescare la misandria arcaica o il maschilismo è portare il discorso su livelli sbagliati e bassi.
E’ innegabile che ci siano uomini, così come donne, non evoluti. Rimasti a livelli psichici arcaici e ancora divisi sia interiormente che evidentemente a livello conscio. La condanna contro la violenza maschile, così come quella femminile non dovrebbero mai sfociare nell’aizzare gli animi. Quando ho chiamato gli uomini che stuprano e violentano “Bipedi fallodotati”, ho anche detto che ci sono altrettante donne involute che compiono violenze psicologiche e anche fisiche, per loro non mi viene un nomignolo ma questo non credo basti a darmi della femminista o misandrica. Uno psicologo/a non potrebbe mai a mio avviso essere maschilista o femminista ma il suo compito è promuovere il benessere, nel mio caso sono molto recettiva contro ogni forma di autoritarismo e quando accuso la gravità di reati contro le donne non sto dicendo o negando che le donne compiano altrettanti reati, seppur diversi.Vogliamo iniziare a parlare di relazioni e di come integrare la nostra idea interiore di uomo o di donna ed evolvere o ci va bene così? Voi siete contenti di questa diatriba bassa e volgare innescatasi? Servono davvero a chi subisce violenza queste chiacchiere da salotto de noantri? Maschilismo o femminismo hanno radici profonde che non si possono banalizzare rintuzzando gli animi, Cui Prodest?