Veleno Poste. Azioni poca resa, e in calo. Caio cacciato: sgarbi a Renzi. Venduti titoli tossici
Poste Spa in mezzo al veleno della politica. Gli sgarbi fatti a Renzi dall’Ad, Francesco Caio, sono costati la poltrona, in barba all’aumento dei ricavi, e dei margini del gruppo, per non essersi piegato innanzi alle richieste del governo Renzi in almeno due occasioni: il mancato rilancio del gestore di risparmio Pioneer, poi ceduto ai francesi di Amundi, e l’indisponibilità a partecipare al salvataggio di Mps, dove Caio è rimasto alla finestra. Gli operatori erano in ansia per cercare di capire come, oggi 21 marzo 2017, avesse reagito il mercato al cambio della guardia. Non v’è stato tracollo, solo leggere perdite, ma che indicano che i “falchi”, vogliono capire quale rotta imposterà il nuovo Ad. Perché, almeno per loro è ingiustificabile una sostituzione di un manager che, al contrario, ha provato a rilanciare la Spa. Scrivono Werner e Leng di Ubs : “Se il cambio di vertice ha luogo per ragioni politiche, lo giudicheremmo come molto preoccupante per gli azionisti di minoranza, visto il potenziale per il futuro amministratore delegato di Poste Spa di trovarsi esposto a pressioni simili”.
Oggi il 33,3% del gruppo è sul mercato, con un 21,8% in mano a investitori istituzionali e un 13,9% dei risparmiatori. L’analisi di Ubs continua: «Data la buona reputazione di Caio nella comunità degli investitori, un cambio di amministratore (per le ragioni menzionate sopra) in questo momento del rilancio del gruppo potrebbe avere implicazioni negative per il prezzo che il mercato è disposto a pagare per il titolo». Ubs per ora mantiene la raccomandazione di «comprare» Poste, e Matteo Del Fante, il successore di Caio, arriva forte della credibilità conquistata con risultati operativi positivi e in crescita alla guida di Terna. Ma sa che per lui e i suoi colleghi di Finmeccanica e Terna stessa, l’esame del mercato è iniziato oggi. L’offerta delle azioni sul mercato si concluse il 22 ottobre 2.015, con l’esordio a Piazza Affari il 27. Il piccolo risparmiatore che avesse acquistato il minimo di 500 azioni doveva poter disporre di un capitale da investire di almeno 3.750 euro. Era previsto un premio fedeltà (bonus share) per chi detenesse le azioni almeno 12 mesi dal momento dell’acquisto: 1 azione regalata ogni 20 acquistate (5%). Per esempio, chi ne avesse acquistate 500 ne avrebbe avute 25 in più.
Poste Italiane dichiarò, che per gli anni 2016 e 2017, l’80% dell’utile netto consolidato del gruppo sarebbe andato in dividendi. In base alle prime stime, si ipotizzò un dividendo per azione di 0,35 euro l’anno, che si traducesse in un guadagno lordo di 175 euro per chi acquistasse il “pacchetto” da 500 azioni (129 euro netti, visto che i guadagni sarebbero stati tassati con una aliquota del 26% e non del 12,5%, applicato invece, a titoli di Stato e buoni postali). Le azioni di Poste Italiane possono interessare ai risparmiatori alla ricerca di titoli che non siano già sopravvalutati dal mercato e che abbiano una maggiore stabilità rispetto alla media delle azioni quotate a Piazza Affari. Possono essere interessanti anche per chi è alla ricerca di un investimento di medio e lungo termine (3-5 anni) con dividendo annuo certo. (Non sono invece appetibili per chi non abbia un orizzonte temporale di almeno 12 mesi.C’è da ricordare, infine, per chi non ne fosse a conoscenza ( altri servizi nel giornale) che Bancoposta ha venduto ai propri clienti titoli tossici, oltre a sponsorizzare a suon di paginone su giornali “amici”, che attua prestiti. Pubblicità ingannevole, questa, talché Bancoposta non può per legge erogare finanziamenti, ma questi vengono affidati a banche associate.