Ormai è stata delineata la fine che faranno i vaccinati. Ecco perchè

Ormai è stata delineata abbastanza chiaramente quale sarà la strategia futura delle Autorità sanitarie riguardo alla gestione della pandemia da Covid.

I preparati iniettabili contenenti codice genetico destinato a far produrre la proteina Spike del virus sars-cov-2 dalle stesse cellule della persona alla quale sono iniettati (dunque non si tratta  di veri vaccini), forniscono una copertura immunitaria parziale e di breve durata per diverse ragioni.

La prima è che la copertura immunitaria offerta da tali preparati è parziale rispetto al patogeno, dato che attiva la risposta solo contro una delle componenti proteiche del virus: la Spike appunto, e non contro l’altra componente esposta, la Envelope, che costituisce il “contenitore” dell’ RNA virale.

La seconda è che essendo il virus assai mutevole produce continuamente varianti della Spike, le quali o sono riconosciute parzialmente dagli anticorpi della persona “vaccinata”, o non sono riconosciute affatto, lasciandola quindi senza protezione.

Questo obbliga a continui aggiornamenti del codice genetico contenuto nelle soluzioni iniettabili in modo da offrire al sistema immunitario il “bersaglio giusto”, corrispondente alle varianti della Spike in circolazione alla data della sua preparazione.

E’ del tutto evidente che il virus sarà sempre un passo avanti rispetto ai preparati genici, visto che mentre questi sono ingegnerizzati, confezionati e somministrati, possono comparire nuove varianti che li rendono obsoleti.
In sintesi: il “vaccino” sarà sempre in ritardo rispetto alle nuove varianti del virus.
Impostata in questo modo, la risposta delle Autorità sanitarie al Covid comporterà due conseguenze importanti:
1. la necessità di somministrare un numero indefinito di “richiami” a distanza di qualche mese l’uno dall’altro, visto che nessuno sa prevedere quante varianti il virus potrà assumere nel tempo;
2. la necessità di mantenere uno stato di eccezione tale da convincere i cittadini a sottoporvisi.  Dunque Green Pass a tempo indefinito, con corollario di limitazioni e provvedimenti di interdizione contro i renitenti.

Quella che si profila è quindi la concreta possibilità che il virus non sarà debellato e che il presente stato di cose si prolunghi a tempo indefinito. E, poiché è prevedibile che i cittadini “vaccinati” saranno sempre meno propensi ad accettare continui “richiami”, si prospettano misure coercitive sempre più decise e tendenti all’autoritarismo da parte del Governo.

Una strategia che personalmente ritengo folle dal punto di vista sanitario e foriera di disordini dal punto di vista civile e istituzionale.

D’altra parte le Autorità sanitarie non mostrano alcuna intenzione di cambiare strategia.  Ad esempio adottando un vaccino vero contro il Covid, che non avrebbe l’effetto parziale che hanno i preparati genici attualmente in uso, e liberalizzando le cure preventive o precoci in grado di limitare gli effetti più gravi dell’infezione e di dare ai contagiati la possibilità di sviluppare una immunità naturale, sicuramente più completa e duratura, contro la malattia.

Ma c’è un’altra conseguenza inquietante della strategia adottata: non si sa quali conseguenze può avere sull’organismo la ripetizione delle somministrazioni del preparato genico.
Ad ogni somministrazione, infatti, nell’organismo viene prodotta una certa quantità della proteina virale Spike e viene attivata una risposta immunitaria specifica.  Cosa comporta la continua immissione in circolo di una proteina che di per sé e a certi dosaggi è patogena?  E cosa la ripetuta sollecitazione del sistema immunitario?  Domande queste che dovrebbero porsi le Autorità sanitarie, che almeno formalmente avrebbero il dovere istituzionale di tutelare la salute pubblica.
P.F.

l'ECONOMICO

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