Debito, deflazione, attacco ai titoli di Stato. Crack Italia

Debito, deflazione. L’assalto alla diligenza Italia è in corso. Tutti vogliono la loro parte di bottino. Partiti, lobby, criminalità organizzata, interessi locali, gruppi stranieri. Gli unici esclusi sono i cittadini, coloro che si ostinano a chiamarsi italiani e a pagare le tasse. La democrazia è diventato un semplice esercizio di potere. L’economia nazionale una crescita del debito a carico dei cittadini (di quelli che ancora sono costretti a pagare le tasse) e delle future generazioni. I partiti hanno il potere del debito e lo usano. Creano capitoli di spesa per motivi elettorali (leggasi oboli erogati da Renzi), di conservazione della loro influenza. Il debito pubblico è la risorsa infinita, è cresciuto a dismisura, ma ha anche un punto di non ritorno, ed è prossimo, Draghi lo sa. Ogni spesa pubblica deve avere una copertura finanziaria, altrimenti è furto con destrezza. Ci aspettano tempi cupi. Le aziende, terminata la cassa integrazione, saranno costrette a licenziare, o a chiudere. Otto milioni di italiani sono poveri. Questa Italia è fallita. Tra l’altro è bene ricordare che ormai la maggior parte degli asset è in mani straniere private, il che vuol dire perdita di sovranità, e la possibilità di pagare le tasse all’estero, riducendo al lumicino le entrate dello Stato italiano. Tutti coloro che hanno cercato di far quadrare i conti economici e politici sono stati emarginati o uccisi. Quest’Italia senza democrazia partecipata, con l’espropriazione del voto di preferenza e di mille altre oscenità sociali, è in decomposizione. Quando i soldi finiranno, o meglio, quando saranno costretti a annunciarlo, allora inizierà il bello. L’unico modo di uscire dalla crisi è un default. Anche perché, se non lo si decide ora, già si profilano all’orizzonte gli avvoltoi pronti a far salire i tassi di interesse sui titoli di Stato. Per cui, a quel punto, il sistema salterà, perché l’Italia non sarebbe in grado di far fronte all’emorragia della crescita esponenziale del debito, a meno che non si operino mostruosi tagli alla spesa pubblica, cioè Sanità, pensioni, salari pubblici e quanto altro. Un bagno di sangue inaccettabile dalle conseguenze catastrofiche. Intanto lor signori della politica, eccettuati i 5 Stelle, non si sono mai degnati di tagliarsi i lauti stipendi, come esempio di sacrificio per il popolo. L’Italia inizierà a capire che, anche se vuole mantenere l’età pensionabile e il welfare ai livelli odierni, non ci sono più i soldi per farlo. Non è una questione di volontà di pagare il debito, ma di capacità di farlo. La Germania è già in questo momento pronta a ritornare al Marco e si pensa che siano già stati stampati. Non ha ancora preso la decisione, che sarà molto sofferta, di uscire dall’euro, ma teme di essere forzata a farlo dalle circostanze. E, sia chiaro, sarà una mossa che non prenderà con leggerezza, ma alla fine la scelta per Berlino è una permanente instabilità dei prezzi oppure un temporaneo apprezzamento della moneta. Non è più possibile che tutti i membri dell’Eurozona continuino a farne parte, anche se nessuno vuole affrontare ancora questa possibilità. Inoltre, non c’è nessuno – né la Cina, né gli Usa, né l’Fmi – che staccherà più assegni. I Paesi Ue concorderanno sull’unione fiscale, ma non saranno in grado di soddisfarne le condizioni, di fare ciò che sarà richiesto. Anche se i leader promettono di muoversi in questo senso, la gente non li seguirà. Perché le sofferenze saranno così pesanti che gli italiani e gli spagnoli o i belgi non potranno sopportarle. Inoltre, i cittadini non capiscono cosa si chiede loro: non è solo raggiungere il pareggio di bilancio in brevissimo tempo, ma anche delegare potere sui loro conti a Bruxelles, un atto antidemocratico.

Lascia un commento