Giornalisti quale formazione professionale?

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giornalismoGiornalisti. Anche in questo caso, alle lacune del provvedimento legislativo si è rimediato ricorrendo all’antica arte italica del fai da te. Sia gli ordini regionali sia altri enti “convenzionati” hanno messo a disposizione degli iscritti, compresi coloro che esercitano la professione da decenni e magari dirigono testate prestigiose, aggiornandosi sul campo ogni giorno che Dio concede alla terra, una pletora di corsi sugli argomenti più disparati, e a volte improbabili, che solo una mente ottenebrata potrebbe considerare una seria occasione di aggiornamento professionale. Naturalmente, molti di questi corsi sono a pagamento e ciò, almeno, fra tanta confusione, ci consente di avere un’unica certezza: qualcuno ci guadagnerà. Ma il vero capolavoro è il capitolo delle sanzioni disciplinari che dovranno essere inflitte a coloro che evaderanno l’obbligo della formazione. Un capolavoro di reticenza insuperato e insuperabile, rispetto al quale persino l’annuncio televisivo col quale Ugo Zatterin, il 20 settembre del 1958, rese noto agli italiani il provvedimento di chiusura dei bordelli, potrebbe essere portato come esempio dichiara e corretta informazione. Nelle disposizioni attuative del regolamento sulla formazione professionale continua si legge che agli inadempienti l’ordine regionale di appartenenza invierà un avviso bonario, col quale essi verranno invitati a dare inizio entro tre mesi al percorso formativo e, in caso di ulteriore inadempienza, verranno deferiti agli organi disciplinari, che prenderanno i provvedimenti del caso, come dire tutto e niente, dal momento che le sanzioni disciplinari vanno dal semplice avvertimento alla radiazione dall’albo. Me ne sono chiesta la ragione, ma essa è forse custodita nelle menti di coloro che gravitano nelle alte sfere, dico forse perché non mi sento di escludere che essi stessi l’ignorino e stiano semplicemente cercando di guadagnare tempo. Una cosa è certa, là dove ci troviamo di fronte all’incertezza della pena possiamo parlare di aberrazione giuridica. Visto, poi, che gli iscritti all’Ordine sono più di 110.000, tutto lascia prevedere che qualunque procedura si rivelerà lunga e farraginosa, ostacolata da valanghe di ricorsi ed eccezioni, un gran pasticcio all’italiana, insomma. Che fare allora, quando si consideri inutile o addirittura umiliante tornare sui banchi dopo decenni di onorata professione? Si può tirare alle lunghe aspettando l’avviso bonario o la ventilata abolizione dell’obbligo, giocarsi il terno al lotto del semplice avvertimento o rassegnarsi a perdere alcuni giorni per partecipare a qualche seminario durante il quale si potrà ammazzare il tempo chattando con l’amante in attesa di ritirare l’attestato di frequenza o seguendo uno dei tanti corsi online con questionario di verifica finale che può essere reiterato all’infinito e che, per la legge dei grandi numeri, può essere risolto anche da uno scimpanzé. Io, che sono stato sempre ligio all’osservanza delle leggi, ho deciso di partecipare come altri giornalisti, a un seminario sulle renne della Carelia e a una conferenza sulla funzione taumaturgica della preghiera presso i Lapponi. Che ne dite, potrò considerarmi professionalmente aggiornato alla fine di questo percorso formativo o pensate che sia meglio orientarsi verso la storia della melanzana nella cucina siciliana?

di Federico Bernardini

 

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