Anche la carie “piange”. La cura? Negli squali. In arrivo la rivoluzione. Addio ai dentisti

Anche i dentisti piangono. Nessuno può star tranquillo. La piorrea, poi, toglie tutti i denti assieme. Le scuole d’implantologia sono diverse. Le dentiere tengono poco, si sa, opacizzano il cibo, e il finto palato spesso traballa. Non si gustano i cibi, e le gengive s’infiammano. E non è affatto vero, come reclamizzato da Kukident a Polident,  che i loro collanti “miracolosi” durino un’intera giornata, falso. Che dire poi di una dentiera con cui si possa addirittura azzannare  una mela, beh! E l’Autorità garante, tace. Poi, ci sono gli impianti, gli odontoiatri, e i costi da capogiro, che la Sanità pubblica non copre. In Croazia il Governo paga per il turismo dentale, così da unire bassi costi, tempi rapidi ai viaggi. Sulla scia anche in Italia sorgono d’incanto centri dentali “mordi e fuggi”, dove al paziente si fa l’impianto in una sola giornata, a prezzi più elevati però, e senza alcuna garanzia di durata, Così accade che su 5 impianti, nel giro di qualche giorno, 3 crollino. Dunque, meglio tecniche in cui si dà il tempo ai perni di calcificarsi, così da resistere all’usura. E meglio sei viti che quattro. Ma tutto ciò è destinato all’estinzione, grazie a nuovi studi. E così, addio dentisti.

Un incredibile studio inglese sugli squali ha permesso di scoprire le cellule sono alla base della continua rigenerazione dei denti in questi animali, cellule che possiede anche l’uomo e che se opportunamente stimolate potrebbe rivoluzione la scienza odontoiatrica. Potremmo dire per sempre addio alle protesi e far spuntare i denti caduti in maniera naturale. Secondo lo studio dei ricercatori dell’Università di Sheffield, nel Regno Unito, pubblicato sulla rivista Developmental Biology, la lamina dentaria, costituita da cellule epiteliali nell’uomo consentono solo un ricambio, dai denti da latte a quelli permanenti. Diversamente da noi gli squali, che possono avere contemporaneamente fino a 3.000 denti sviluppati su più file, ne perdono almeno 30.000 nel corso della vita, ma quelli persi ricrescono nel giro di qualche mese. Il team guidato da Gareth Fraser, analizzando gli embrioni di una specie di squalo detta Gattuccio, ha individuato il gruppo di geni responsabili del programma di ‘rigenerazione permanente’ e della formazione della lamina dentaria. “La notizia positiva – ha detto Fraser al Daily Mail – è che questi stessi geni sono responsabile dello sviluppo di tutti i denti dei vertebrati, compresi gli esseri umani”.

Le otturazioni dentali del futuro saranno meno necessarie e comunque più piccole e nascoste alla vista, grazie a una scoperta sorprendente: un farmaco utilizzato oggi come anti-Alzheimer ha anche la proprietà di riparare ai danni della carie accelerando la ricrescita naturale della dentina. Lo sostiene uno studio del King’s College di Londra, che promette di rendere molto più saltuarie le visite al dentista. “Oggi quando si vuole rimediare alla dentina distrutta dalla carie, si usano paste inorganiche basate su calcio o composti minerali del silicio: ma siccome sono materiali che non si degradano nel tempo, rimangono nel dente e ostacolano la ricrescita naturale della dentina”, spiega a Repubblica Paul Sharpe, docente al dipartimento di sviluppo craniofacciale e biologia staminale del King’s College e autore principale dello studio. “Invece di questo approccio “inorganico” usato oggi, noi abbiamo ideato un sistema “biologico”. Si basa su un tessuto spugnoso di collagene biodegradabile, noto come Kolspon, e già usato clinicamente, quindi sicuro, che contiene piccole dosi di un farmaco che, a contatto con le cellule staminali mesenchimali del dente, fa incrementare nettamente la produzione di dentina. Proprio perché questo collagene è spugnoso e biodegradabile, si restringe via via facendo spazio alla nuova, naturale dentina. E’ la prima volta che si mostra che è possibile stimolare tramite una molecola la naturale ricostruzione del dente». Il farmaco che ha ottenuto questo effetto nella sperimentazione animale (per l’avvio di quella clinica ci vorrà un anno) è il Tideglusib, noto come “inibitore dell’enzima GSK-3”: riduce l’attività di un enzima, GSK-3, cruciale per la formazione delle placche di proteine amiloidi associate all’Alzheimer, ragione per cui è in commercio.

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