Chi gioca a nascondino con il fisco e la politica?
di Roberto Casalena
Dietro i supermercati Pewex City sembrerebbe che ci sia il clan dei Casamonica. Il fisco, per caso ha dato un’occhiata alla società che ha acquistato il gruppo? E ci sono altri casi eclatanti che coinvolgerebbero anche i politici ed il Vaticano. Perchè la magistratura non indaga?
E dietro Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato, risulterebbe ci sia come “spalleggiatore” il clan dei “Tredicine”, quelli che controllano le bancarelle a Roma e non solo. Tra l’altro sembrerebbe che dietro la Sisal potrebbe nascondersi l’andrangheta calabrese. Inoltre, come se ciò non bastasse, dietro la Gasak S.r.l., che ha costruito un edificio di 5mila metri quadrati, per un centro commerciale, situato sopra il parcheggio del Vaticano, dopo il tunnel di via Gregorio settimo, direzione lungotevere, chi si nasconde? Perchè è strano che una S.r.l. abbia investito 15mln di euro per la costruzione del manufatto e che la gestisce.
Sembrerebbe che dietro ci sia l’ombra del Vaticano. É bene ricordare che questo edificio ha 5mila metri quadrati di superficie, in cui c’è il bar, ristorante, negozi di lusso e un grosso spazio dedicato all’arte che è diretto da un certo Nicolosi, sconosciuto a tutti, e alquanto scorbutico a quanto ci risulta.
E ci si chiede il perchè la magistratura sempre pronta ad inquisire tutti, con il potere della ex inquisizione santa, non abbai mai gettato lo sguardo su questi fenomeni di cui sopra che sembrerebbero abbastanza eclatanti.
E non si capisce neanche il perchè la magistratura non si occupi della sanabilità delle strade rotta, dei marciapiedi frantumati, dei cassonetti rotti e che perdono anche spazzatura e vetri e non bada a cercare i colpevoli di tale scempio, sindaco in testa.
Sembra che il silenzio sia dovuto, mentre per coloro che hanno potere la perseguibilità può diventare una certezza. Altro che la bilancia della giustizia, che pende quasi sempre dalla parte dei più forti, scaricando l’adrenalina perfida sui succbì, succubò, come diceva Totò